domenica 22 aprile 2012

Unioni civili e famiglie di fatto: purché se ne parli

Si è svolta a Roma, nel decimo Municipio, con una semplice cerimonia presieduta dallo stesso presidente Sandro Medici, l’iscrizione di alcune coppie al registro delle unioni civili. Nella Capitale d’Italia, uno dei paesi più importanti in Europa, sono solo quattro i Municipi che offrono questo servizio, un istituto che ha solo valore simbolico e ancora nessun effetto pratico, vista l’assenza di una legge dello Stato in materia di tutela delle coppie di fatto.
Il settimanale l’Espresso ha recentemente pubblicato un report che offre una panoramica aggiornata sullo stato delle ‘nuove’ forme di convivenza esistenti nel paese e misconosciute dalle istituzioni: mentre i matrimoni tradizionali sono circa dimezzati negli ultimi trent’anni (da 420 mila annui a poco più di 200 mila) le famiglie di fatto sono cresciute con un tasso annuo di circa il 15 %.
«Le coppie “ufficiali” – quelle cioè che dichiarano la convivenza – salgono dal 2 per cento del 1995 al 6 del 2009 (circa 500 mila)», si legge nel report. «Le proiezioni 2011 segnano un ulteriore salto quasi del 40 per cento, fino a sfiorare quota 900 mila. Sempre meno figli vivono con genitori sposati (in un anno sono 739 mila in meno), mentre aumentano i figli di conviventi (più 274 mila) e pure le famiglie con un solo genitore (più 345 mila). Fatti due conti si arriva già oltre i 2 milioni e mezzo di persone, quando all’appello mancano tantissimi casi. Queste cifre non tengono conto, infatti, di gay e lesbiche (se ne stimano oltre 3 milioni, con circa 100 mila figli a carico), mancano i single che attendono il divorzio per anni, mancano le coppie stabili che – per ragioni economiche – non convivono, o mantengono la doppia residenza. E ancora non si contano i vedovi che si danno assistenza reciproca, né le famiglie ricostruite, quelle che un tempo lo Stato chiamava “famigliastre”, formate dopo un divorzio. E che oggi sono più di un milione e 100 mila».
L’Espresso stima in oltre ottanta i Comuni sparsi nel territorio nazionale che hanno istituito un registro delle unioni civili, ultimi casi importanti le città di Milano e Napoli, che si accingono a farlo; a questi vanno aggiunti singoli municipi in città dove il Comune non ha preso alcuna iniziativa. ComeRoma, appunto, dove il consiglio comunale preferisce discutere di toponomastica, ovvero se sia il caso di cambiare nome a via Lenin, piuttosto che andare incontro alle esigenze concrete dei suoi cittadini.
Mentre per le coppie omosessuali la scelta di regolarizzare o quanto meno ufficializzare in qualche modo la loro relazione è comprensibile (non esistono alternative), per le coppie eterosessuali il discorso è differente, e c’é più resistenza – soprattutto negli ambienti più retrivi – a capire ed accettare una simile richiesta. L’obiezione più comune é: perché chiedere le unioni civili se c’é già il matrimonio? 
Già: perché girare in automobile quando ci sono le astronavi? Perché accontentarsi di una bistecca quando si può ingoiare tutto il bovino? Vai a spiegare che ogni coppia ha le sue ragioni, ma che prima delle ragioni dei singoli viene la necessità, per una società (dove tutti i cittadini sono egualmente contribuenti ma differentemente liberi) che si vuole definire matura e progredita, di garantire la libertà di scelta, per esempio anche nel poter decidere quale livello di impegno prendersi e garantirsi reciprocamente.
Per adesso, dicevamo, la maggior parte di questi registri ha solo valore simbolico; a salvare i “nubendi” dalla sensazione di star partecipando ad una farsa è la consapevolezza che questo è un passo, necessario nel lunghissimo cammino verso la conquista dei diritti civili, un segnale a una classe politica sorda rispetto ai cambiamenti della società che dovrebbe amministrare.
Ce lo conferma Sandro Medici, presidente del Municipio Roma X: «ll nostro registro ‘agisce’ dal 2004 ed ha avuto da subito grande attenzione. Le coppie registrate a oggi sono oltre cento, ma non è tanto la quantità: quello che ci ha rallegrato è la composizione delle coppie, perché non sono solo coppie omosessuali, maschili e femminili, ma anche eterosessuali; quello che viene fuori è che queste persone sono partecipi, quasi complici della stessa battaglia, quindi non è un atteggiamento ‘richiedente’ ma di compartecipazione, di cogestione di questo registro. Noi pensiamo che attraverso queste forme, insieme alla battaglia per i diritti civili dei movimenti omosessuali – ma non solo, si può arrivare alla definizione di un ordinamento legislativo che consenta in maniera ufficiale e legale la possibilità di scelte affettive diverse da quelle tradizionali. Se volete è anche una piccola presunzione: con questa decisione vogliamo dimostrare che le cose sono possibili, che banalmente se c’é la volontà politica le cose si fanno. Mentre a volte – come ad esempio per il testamento biologico -  ci si diffonde in anni e anni di dibattiti, che sono degli alibiche la politica si da per non prendere decisioni». 
Un quadro positivo, a differenza di quello della città di Bologna, dove pare che in circa dodici anni – dall’istituzione del locale registro delle unioni civili – non sia arrivata nessuna richiesta di iscrizione.
Ma perché la politica non vuole decidere? «Due sono le ragioni: una riguarda la natura di questo paese, che è un paese fortemente condizionato dalla radice  religiosa che è diffusissima. L’altra ragione, più concreta, è che noi abbiamo una classe politica molto arretrata rispetto al senso comune delle persone, anche rispetto a quei credenti che testimoniano la propria fede religiosa ma nello stesso tempo sanno che se ci sono altre persone che vogliono fare delle scelte diverse devono avere la libertà di farlo. Mentre la rappresentanza politica di questo paese è arretrata, impaurita, e secondo me ormai è anche screditata», conclude Medici.
Dunque: i cittadini, attraverso le istituzioni locali, come avanguardia verso il progresso civile, e a supplire l’eterna latitanza del Parlamento. In un paese dove le timide e fondamentalmente inutili aperture di personaggi di spicco (come il ministro Elsa Fornero e il cardinal Martini) sulla regolamentazione delle coppie di fatto, vengono accolte come svolte epocali.
Per questo, in attesa del luminoso futuro che ci attende, è importante che se ne parli, e che qualcuno vada avanti con atti concreti, fossero anche solo simbolici.
Già pubblicato qui.




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