martedì 23 febbraio 2010

Quelli che... serie B



Ogni tanto mi capita un brusco risveglio: all'improvviso mi ricordo di dove sono. Caspita, mi dico, sono in serie B!
Sono un cittadino di serie B. Spero sempre nella promozione, nel passaggio alla categoria superiore, ce la metto tutta ma nessuno lassù ha intenzione di retrocedere, sebbene spesso e volentieri giochi sporco e andrebbe sanzionato. E dire che non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, si può benissimo fare un campionato con una unica classe: tutti in serie A. Sarebbe magnifico, ma, ripeto, qualcuno lassù ha occupato tutto lo spazio disponibile, e a me -che pure faccio il mio dovere fino in fondo- spetta solo la serie cadetta. Sono in buona compagnia, c'é da dire, ma questo non mi consola.

Siamo in tanti infatti, quaggiù in serie B. Siamo "quelli che" vorrebbero essere cittadini con eguali diritti (avendo già eguali doveri), libertà e dignità, ma vengono emarginati, o appena tollerati.

Siamo laici: prevalentemente atei e agnostici. Laicisti: termine paradossale col quale ci definiscono lassù in serie A ogni volta che mettiamo il naso fuori dalla riserva indiana nella quale siamo stati confinati, per provare a chiedere uguale dignità; laicisti, dicono i primi in classifica, con disprezzo o -se va bene- con la classica puzzetta sotto il naso.

Tra un laico (nel senso di cui sopra) e un credente cattolico in questo Paese c'é una disparità enorme, parlando di libertà individuali: a ben vedere, considerando ciò che il credente cattolico mediamente vuole -o può- fare della sua vita, solo quest'ultimo si può fregiare dell'etichetta di 'cittadino libero'. Il laico no.

Facciamo qualche esempio: il cittadino credente cattolico può liberamente sposarsi con rito religioso (che, nel caso dei cattolici, è riconosciuto dallo Stato come equivalente a quello civile) con un altro cittadino di sesso opposto, e fare del sesso solo all'interno di un progetto finalizzato alla procreazione; nessuno lo obbliga a commettere adulterio; è libero di andare in chiesa come e quando vuole, di professare pubblicamente la propria fede. Di finanziare la propria Chiesa, se è questo che vuole; di mandare i propri figli in una scuola confessionale, potendo scegliere; nessuno lo obbliga ad abortire, ad accoppiarsi con un altro cittadino dello stesso sesso, a divorziare, a rifiutare le cure in fin di vita. E' abbondantemente rappresentato in politica, a tutti i livelli. E così via.
E' oggettivamente un cittadino libero.

Veniamo al laico. Il laico, ad esempio, se vuole vedere riconosciuta dallo Stato la sua unione con un cittadino dello stesso sesso non può; e, se omosessuale, deve subire anche pubbliche e private dichiarazioni di riprovazione, basate sulla dottrina cattolica, o addirittura atti di violenza: frequentemente si deve nascondere. Il laico spesso non ha la possibilità di dichiarare la sua non credenza, per la quale rischia pure concrete discriminazioni. Se non vuole finanziare coi suoi soldi una Chiesa, non può (a meno che non evada le tasse): è obbligato di fatto a finanziarne una, può solo scegliere quale (che fortuna!); se manda i suoi figli in una scuola pubblica e non vuole che subiscano l'ora di catechismo obbligatoria incontra difficoltà di ogni tipo; inoltre con le sue tasse vengono finanziate -che voglia o no- anche le scuole private, a cominciare da quelle confessionali. Si vede imporre i simboli (che rappresentano tutta questa serie di discrimnazioni, ricordiamolo) di una religione nei luoghi pubblici, finanziati col suo lavoro, anche se non vorrebbe, nessuno infatti considera il suo parere. Sarà presto obbligato a subire il trattamento medico -idratazione e alimentazione artificiali- quando si trova in fin di vita. Deve subire l'influenza del dogmatismo cattolico perfino in ambiti dove sarebbe assolutamente fuori luogo, come le istituzioni scientifiche E così via.
Oggettivamente, non è un cittadino libero.

La Costituzione della Repubblica Italiana, all'articolo 3 recita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.


E prosegue, nel medesimo articolo:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


Dunque, salta all'occhio, evidentissimo, che questa disparità di opportunità, di libertà personali è palesemente incostituzionale. E' una ingiustizia vera e propria.

Accade, ora, che da parte cattolica sia tornato di moda il "dialogo", più volte auspicato in diverse forme; a cominciare da sua santità in persona, il quale evoca addirittura un nuovo "cortile dei gentili", ovvero un ghetto dove poterci evangelizzare a suo piacimento. Si, perchè è questo il "dialogo" di cui parlano.

(E si badi che già messo così il discorso è errato, perché impostato sull'assunto -non vero- che gli atei/agnostici siano tutti confinabili in una categoria ben definita, come i credenti che sono tutti accomunati dalla dottrina della loro religione. E' un'impostazione che do al discorso che faccio solo per semplificare e chiarire.)

Non c'é un vero desiderio di conoscerci, di sapere da dove veniamo, qual'è il nostro percorso, la nostra cultura, il nostro sentire. Non c'é intenzione sincera di porsi davanti a noi con un atteggiamento di autentico rispetto, di considerarci loro pari, con eguale dignità di esseri umani. Non potrebbero, d'altra parte, perché la loro dottrina li obbliga all'evangelizzazione, la loro forma mentis non prevede di poter derogare da questo ruolo, non consente loro di considerarci titolari della stessa dignità civile e persino umana finché non siamo convertiti.

E soprattutto è evidente che non c'é interesse, da parte dei cattolici, a ottenere che i cittadini credenti e non credenti abbiano effettiva parità di opportunità nella società, di diritti civili, libertà individuali, la loro pressione costante sul legislatore è finalizzata proprio a impedire che questo accada, spesso con dichiarazioni che sono una vera e propria istigazione all'eversione, quando si rivolgono ai politici che si dichiarano cattolici invitandoli a mettere la legge divina prima di quelle umane e della stessa Costituzione. In realtà certe dichiarazioni andrebbero portate all'attenzione della magistratura.

Viene spontaneo chiedersi, allora, se questo famoso 'dialogo' sia effettivamente possibile. La risposta, ovviamente, è: no, non è possibile. L'unica cosa che si potrebbe fare è trovare il modo di convivere nello stesso spazio -il nostro Paese- cercando per quanto possibile di non pestarci i piedi, e anche questo è alquanto difficile.
Ecco perché ogni tentativo da parte loro di aprire un dialogo con i non credenti va rigettato nettamente, non bisogna cadere nella trappola.

Dialogo? No, grazie.
Se proprio lo volete, prima ristabiliamo l'effetiva parità -giuridica, civile, culturale- tra cittadini credenti e non credenti, solo dopo, eventualmente, ci si può confrontare sui massimi sistemi. Un dialogo vero deve avere alla base la parità di condizione, sennò non è dialogo, ma smacco e sopruso, o qualche altra cosa.
Vogliamo anche noi essere promossi in serie A.

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