Non si sa ancora se l’impegno preso solennemente dal presidente americano Barak Obama di portare uomini sul suolo di Marte entro il 2030 potrà essere mantenuto: certamente la crisi economica globale avrà il suo peso sull’esito del programma, così come su tutti i programmi di studio ed esplorazione delle agenzie spaziali dei paesi tecnologicamente progrediti.
Intanto, il 4 novembre scorso si è conclusa felicemente la missione Mars500, durante la quale è stato simulato un viaggio di andata e ritorno verso il pianeta rosso, inclusa una di ‘discesa’ sul suolo marziano (ricreato in studio), con “passeggiate” e prelievo di campioni, durata circa un mese. I sei uomini al comando del russo Alexei Sitev per 520 giorni hanno vissuto chiusi in una capsula sigillata all’interno di un laboratorio alla periferia di Mosca (l’esperimento è stato condotto congiuntamente dall’Esa, Agenzia spaziale europea, e dall’IBMP, Istituto russo per i problemi biomedici) che ha riprodotto le condizioni di vita in una astronave in un lungo viaggio. Eccezion fatta – ovviamente – per l’assenza di gravità e radiazioni cosmiche, entrambe non riproducibili in un laboratorio situato sulla Terra. Dunque niente a che vedere con i tre astronauti di Capricorn One, film del 1978, dove la missione era solo una messa in scena; un soggetto inserito nel filone del complottismo che negava o quanto meno metteva in dubbio lo sbarco dell’uomo sulla Luna.
Tuttavia, in un certo senso, l’uomo è già stato su Marte. Per lungo tempo, infatti, il pianeta è stato al centro dell’interesse dei cultori della fantascienza, nella letteratura come nel cinema, da Aleksej Nikolaevič Tolstoj ad Arthur Clarke e H. G. Welles fino a Tim Burton. E ancora oggi il quarto pianeta del sistema solare suscita grande interesse presso un vasto pubblico di appassionati dell’avventura, o più prosaicamente, nella comunità scientifica: lo dimostra anche la fondazione nel 1998 della Mars Society, associazione dall’anima vagamente futurista: «Lo spirito dei giovani richiede avventura. Un programma di conquista di Marte invoglierebbe i giovani a partecipare alla colonizzazione di un nuovo mondo», si legge nella dichiarazione di fondazione.
Ma il protagonista assoluto sul suolo marziano è Ray Bradbury, soprattutto con quel capolavoro della letteratura (non solo sci-fi) che è Cronache Marziane. Lo scrittore statunitense in realtà non fa che rivestire di un alone fantascientifico l’epopea della conquista dell’America e una certa critica della società americana (la raccolta di racconti che costituisce il libro risale al 1950), votata, come il mondo intero, all’autodistruzione. E non servirà a salvare il mondo nemmeno la religione: nel bellissimo, emblematico racconto Le sfere di fuoco, pubblicato in The illustrated man (tradotto in italiano come Il gioco dei pianeti), Bradbury scrive di padre Peregrine e i suoi confratelli Episcopali in procinto di partire per Marte sul razzo Crocifisso; ansiosi ed eccitati dall’idea di trovare nuovi peccati da perdonare, trovano invece una forma di vita fatta di puro spirito, che non ha bisogno di nessuna religione, evoluta e indipendente nel suo rifiuto della divinità terrestre, pagana, assetata di peccato. Vivono in armonia con il creato, e non hanno bisogno del tempio costruito in fretta e furia dai padri, con annesso simulacro del dio cristiano sottoforma di sfera azzurra, simile quindi all’aspetto delle creature indigene.
I due rover della NASA Spirit e Opportunity – così come le sonde orbitali lanciate in precedenza – nel loro girovagare sulla sabbia rossa di Marte non hanno trovato i coniugi K, Yll e Ylla, nella loro casa a colonne di cristallo ai margini di un mare vuoto, intenti l’una nei suoi sogni premonitori e l’altro a dissertare sull’impossibilità che sul terzo pianeta ci possa essere vita: «i nostri scienziati dicono che c’é troppo ossigeno nell’atmosfera». E anche Curiosity, il terzo rover appena partito, forse non troverà creature abili a materializzare sogni e ricordi dei minacciosi terrestri per irretirli e sopprimerli, come narrato nel racconto La terza spedizione in Cronache marziane. Sicuramente, se non troverà dèi e divinità di alcuna forma e dimensione, sarà un bene per l’uomo non portarceli: forse è troppo presto, ma dovremo cercare di ricordarci della lezione di Ray Bradbury, quando si comincerà a parlare di colonizzazione di Marte. L’occasione unica di costruire un mondo senza superstizioni e pregiudizi arcaici.
(immagine in apertura: “Ylla”, di Marc Hempel)
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