«Molti nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano l’intimo e vitale legame con Dio: a tal punto che l’ateismo va annoverato fra le realtà più gravi del nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor maggiore». Tratto dalla Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, cap. 19, “Forme e radici dell’ateismo”.
La Gaudium et Spes è ancora oggi il testo di riferimento per tutti coloro che, all’interno della Chiesa e di quel sempre più diffuso e trasversale movimento clericale che non necessita nemmeno di coerenza (come ben sanno gli atei devoti), vogliono o devono avere a che fare con l’ateismo. E somiglia a una dichiarazione di guerra.
Vano per l’ateo, nel periodo contingente, è speculare sulla natura filosofica dell’ateismo e impegnarsi in un confronto con chi sostiene posizioni diverse, se non proprio opposte. Sarebbe fare il gioco di clero e clericali, che non chiedono di meglio che imbrigliare il dialogo in una dialettica farraginosa e in un confronto finto, un colossale spreco di tempo per l’ateo che invece dovrebbe indirizzare tutti i suoi sforzi nell’ottenimento degli stessi diritti civili dei credenti. Perchè l’ateo deve porsi la questione di difendere la propria libertà e dignità giorno per giorno.
L’ateo consapevole non dimentica che il suo ateismo è una conquista personale ma anche un impegno: una traguardo che va difeso quotidianamente come in una guerra di posizione, dove i nemici non sono solo quelli di cui sopra, quelli cui è piaciuto organizzare quel carnevale che è il Cortile dei gentili, ma sono anche dentro di noi: è quella commistione di retaggio culturale e pregiudizio sociale (che possono scivolare nella interiorizzazione) inciso a fuoco dentro la nostra mente.
Per combattere questa guerra è necessario un coraggio che descrive bene Calogero Martorana nella sua Didattica dell’ateismo razionale: « …il coraggio per sconfiggere il terrore dell’Inferno, del giudizio divino, della soluzione finale celeste, della sorveglianza costante e morbosa di santi e madonne sui nostri comportamenti quotidiani con speciale riguardo alla sfera sessuale», il coraggio «legato alla sfera psicologica e sociale dell’aspirante ateo». Il quale è inserito in una comunità che «esercita sull’individuo un vero e proprio catechismo strisciante, fa massa intorno con i suoi usi, con le sue feste, con le abitudini, perfino coi modi di esprimersi. La pressione è così forte e subdola che appare la più naturale delle quotidianità». E infine il coraggio di affrontare il rischio che l’ateismo stesso diventi ideologia.
Dopo tutti questi sforzi, e in un periodo in cui la religione, mentre perde mordente nella società, si è riorganizzata come lobby di potere e pressione politica (e come tale resisterà ancora a lungo), perché l’ateo dovrebbe rinunciare a manifestare se stesso?
Affrontiamo la questione con sano pragmatismo scendendo brutalmente nell’attualità: negli ultimi giorni è parso a tutti gli osservatori che il governo Monti possa arrivare alla fine della legislatura. Questo implica la possibilità che il referendum sull’abrogazione della legge elettorale-porcata si possa svolgere, oppure che sia il governo stesso a metterci mano, riconsegnando ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Col ritorno alla rappresentanza, il cittadino e l’aspirante eletto possono tornare a un dialogo utile, nel quale il primo può legittimamente sperare che le istanze avanzate vengano quanto meno prese in considerazione.
Dunque, l’ateo si dovrebbe muovere su due livelli: quello pubblico richiede che il mondo dell’associazionismo laico e laicista si unisca finalmente in una efficace azione di lobbing, rinunciando a divisioni e narcisismi; in quello privato l’ateo deve impegnarsi non nella rivoluzione e nemmeno nel proselitismo (che sarebbe un controsenso), ma nel suo giornaliero atheist pride: rinunciando a restare nascosto – come ateo – nelle sue relazioni quotidiane, se non indifferente all’effetto benefico che la manifestazione della sua condizione potrebbe avere su questa società barricata in un deleterio bigottismo. Questo è il momento di uscire dalla catacombe.
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