sabato 24 settembre 2011

Il certificato di affetto (in carta bollata)



Walter Bonatti, creatore ed esploratore di mondi, si è spento il 13 settembre; ne hanno parlato tutti i giornali e le televisioni, celebrandolo per le sue imprese come era giusto che fosse. Pochi hanno parlato, invece, della sua vita privata e dei suoi affetti: anche questo è giusto, perché il privato di una persona che non ha un ruolo pubblico può diventare manifesto solo per espresso desiderio di questa, e perché – nel caso in questione – comunque nulla potrebbe togliere neanche una virgola alla straordinarietà delle imprese compiute, al contributo portato alle discipline dell’alpinismo e dell’esplorazione e al lustro dato alla nazione intera.

Tuttavia, un dettaglio non trascurabile della vita privata di Bonatti è venuto a galla nelle ultime ore e ha fatto ‘notizia’ perché solo nel paese moralista e ipocrita che abitiamo poteva accadere (lo stesso paese, ingrato, cui egli ha dato il lustro di cui sopra).

Bonatti era divorziato, e conviveva da lungo tempo con l’attrice Rossana Podestà; una unione mai “regolarizzata” col sigillo del matrimonio. Ebbene, nelle ultime ore della vita dell’uomo che ha vinto le montagne più alte e i luoghi più remoti, ma che è stato vinto dal cancro, la compagna è stata scacciata dal suo capezzale senza tanti complimenti perché (come ha dichiarato a Vanity Fair) «tanto lei non è la moglie», come le è stato detto brutalmente. La Podestà non ha voluto dire in quale ospedale di Roma è successo, non servirebbe a ridarle l’uomo della sua vita: non tutti condivideranno la ritardata denuncia pubblica dell’accaduto, ma si tratta comunque di un sussulto di dignità che sovrasta il bieco moralismo italico come un gigante su una formica.

Era accaduto anche ad Adele Parrillo, convivente di Stefano Rolla, il regista vittima con altre diciotto persone dell’attentato contro la caserma dei carabinieri a Nassiriya del 2003: non invitata alle esequie pubbliche e alle commemorazioni ufficiali, non assistita e considerata come le mogli “regolari” delle altre vittime. Entrambe invisibili, inesistenti. Come un esercito di altri conviventi in tutto il paese, legami affettivi spesso molto profondi (non meno dei matrimoni veri e propri) non calcolati nemmeno di striscio dalla politica succube della gigantesca, disumana lobby cattolica, a causa della libera scelta di questi di non appiccicare alla loro relazione, di non incollarsi sul cuore una inutile marca da bollo solo per assecondare la burocrazia.

L’ultima proposta di regolarizzazione dei conviventi, i famosi DiDoRe (DIritti e DOveri di REciprocità dei conviventi) proposti dal ministro Renato Brunetta insieme al collega di Governo Gianfranco Rotondi è naturalmente caduta nell’oblio: forse, dopo un ripensamento anche i conviventi sono stati spostati dall’ineffabile ministro nello scaffale etichettato come “Italia peggiore”; oppure, più semplicemente, sarà arrivata una telefonata dall’altra parte del Tevere, chissà.

D’altra parte, stiamo parlando di due lobbies – o caste, se preferite – che attualmente sono troppo impegnate: quella della politica a salvare il fondoschiena del presidente del Consiglio dalle conseguenze delle sue manie sessuali, quella ecclesiale a contestualizzare i medesimi bollori e a tacere sulle convivenze di alcuni parlamentari, tollerate (e tutelate) perché questi sono evidentemente ‘più uguali’ degli altri. Anche questo è contestualizzabile, in fondo.

«Come cattolico», ebbe a dichiarare a proposito dei famigerati Dico di Prodi il concubino Pier Ferdinando Casini, cattolico, divorziato, risposato con rito civile, «mi inchino alla Chiesa quando vado in chiesa e quando, anche per condizioni personali in cui vivo, ad esempio non posso essere ammesso alla Comunione (…) Abbiamo una Costituzione imperniata sulla famiglia, perchè si ritiene che la cellula naturale della società sia la famiglia, non la famiglia cristiana, ma una famiglia dove possono stare due coniugi divorziati tre volte ma che decidono di sottoscrivere questo negozio giuridico».

Saranno ‘più uguali’, ma di sicuro hanno anche una faccia di bronzo sensazionale, come nemmeno la maschera di Agamennone.

E se almeno si concedesse ai conviventi ‘meno uguali’ di poter ottenere dai municipi un certificato di affetto (in carta bollata, così non si direbbe che sono un peso economico per la società), da esibire al momento opportuno, per non dover subire persino in momenti così delicati e personali come la prossimità del trapasso la ferocia inutile, egoista ed ottusa (ma ispirata da dio) di operatori sanitari e funzionari pubblici obnubilati da un moralismo sadico di stampo medievale? Basterebbero a costoro e a dio i quattordici euro e sessantadue centesimi della marca da bollo?

Già pubblicato qui.

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