Afterlife è un video realizzato da The Thinking Atheist, nel quale alcuni atei attivi sulla rete esprimono il loro pensiero circa la morte, e quello che - forse - segue la morte. L'Uaar ne ha realizzato una versione con sottotitoli in italiano, inserita nel suo canale YouTube.
Il concetto fondamentale, spiegato chiaramente nel bel filmato, è che darsi un insieme di regole di vita, che abbiano senso o - più spesso - meno, nell'ottica di una non meglio precisata vita ultraterrena, seguirle alla lettera attraverso un percorso prestabilito da altri in altri tempi e contesti, rinunziando alle proprie capacità di raziocinio, significa mortificare la propria dignità di essere pensante e uomo libero. Significa spendere (sprecare) l'intera vita, svuotandola così di valore, in preparazione di una ipotetica altra vita della quale non c'é e non c'é mai stata alcuna prova; vuol dire in sostanza «venerare la morte», svalutare la propria esistenza e dare più importanza a un singolo evento non ancora avvenuto, ma a cui ugualmente concediamo da subito un potere totale su di noi.
In quest'ottica, conta poco ciò che ognuno di noi pensa sull'aldilà, su ciò che sarà - se sarà - la vita ultraterrena. I credenti, avendo già una risposta, non si pongono nemmeno la domanda; quanto agli atei: è notorio che dato che non esiste un solo ateismo ma tanti quanti sono gli atei, così l'interpretazione del significato di vita e morte è per loro soggettivo e personale. Ma c'é un altro aspetto, non meno importante, da considerare. L'ateo fin troppo spesso si sente costretto a giustificare la propria etica di fronte al mondo, tale e tanta è la preponderanza della visione religiosa della vita, e della morte; e questa occasione non fa eccezione. Perché anche questa speculazione (la vita, la morte, l'aldilà secondo gli atei) serve più ai credenti che gli atei: serve a dimostrare alla cultura contemporanea che ogni etica ha la sua dignità, serve a rivendicare uguaglianza anche nella visione filosofica della vita e della morte. Incatenare un discorso così alto, profondo ed importante alla necessità di dimostrarne la dignità di fronte a chi ha idee diverse, inoltre, forse è solo l'ennesima dimostrazione dello strapotere della cultura religiosa (non spirituale, attenzione), l'ennesima vittoria di quel tipo di arroganza: costringere gli altri sulla difensiva, almeno nell'aspetto pubblico della questione. Sarebbe ora di smettere di dare anche questo potere alla religione.
Perché ogni interpretazione della realtà, ogni speculazione sul suo significato è egualmente dignitosa: «Il fatto che non ci sia un grande disegno a giocare un ruolo, non significa che non c'é qualcosa di bello in quello che sta succedendo qui» e ora. Noi tutti siamo fatti della stessa sostanza - atomi e particelle subatomiche di materia barionica ed energia - sintetizzata miliardi di anni fa da una stella esplosa nell'immensità del cosmo, materia ed energia poi sfruttate dal Sole per accrescere la sua massa e formare i pianeti. Come particelle eravamo presenti - benché in altra forma - al momento del big bang, e parimenti saremo presenti fino alla fine (big crunch o qualsiasi altro evento sarà). E poco importa se noi come esseri umani ne siamo consapevoli o no: all'universo e alle forze che lo governano non interessa nulla della nostra consapevolezza.
Già solo questo è un concetto abbastanza grande da doverci lasciare senza parole; dopo di che, chi vuole prendere la scorciatoia rassicurante di un panorama codificato e già pronto per l'uso, imposto per millenni dietro la minaccia infantile di una eterna tortura, o la promessa - altrettanto infantile - di un premio per chi si adegua, faccia pure.
Quanto agli altri, per citare il video: «un'eternità in paradiso sarebbe un inferno, per me».
Pubblicato ieri qui.
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