venerdì 3 febbraio 2012

La morte è piccola per noi



Se fossimo un paese maturo dal punto di vista civile, certi argomenti sarebbero trattati in maniera seria, argomentando e non facendo gossip; il che poi spesso equivale a disinformare. E dopo il confronto, che non durerebbe in eterno, si arriverebbe a decidere. L’eutanasia è uno di quegli argomenti eticamente sensibili che meriterebbero di essere trattati con quel tipo di serietà; e invece tutto viene messo nel tritacarne mediatico senza alcun riguardo, trattato come se a parlarne fosse una classe di prima elementare, tagliato con l’accetta e messo nel frullatore insieme a qualunque altra cosa gli somigli anche lontanamente, ad esempio il rifiuto dell’accanimento terapeutico.

Mario Monti e i suoi colleghi di governo hanno ben altro di cui occuparsi, attualmente, che regolamentare un settore delicato come il fine vita; così come tutti i governi degli ultimi decenni, perennemente indaffarati con l’urgente, a scapito dell’importante. Così, riportare – sia pur brevemente – il dibattito alla ribalta (perché qualcuno dovrà pure supplire alla latitanza della politica), tocca a due show girls piuttosto attempate come Alice ed Helen Kessler, quelle del dadaumpa, già censurate nell’Italia bigotta di allora (in realtà non molto diversa da quella di adesso) per l’esposizione sfrontata delle gambe nei loro show. In una intervista concessa a Chi, settimanale allineato al potere e all’occorrenza anche filo cattolico, diretto da Alfonso Signorini (quello che confessò in tv il suo senso di colpa per la sua condizione di omosessuale cattolico, in una delle pagine più squallide della storia della televisione di tutta la Galassia), avrebbero dichiarato: «Se una delle due entrerà in coma irreversibile o sarà comunque ridotta allo stato vegetativo, l’altra l’aiuterà a morire». In effetti in Germania, dove le Kessler vivono, pianificare le modalità del proprio trapasso è possibile, perché il suicidio assistito non è reato e anche le disposizioni anticipate di trattamento sono state regolamentate da tempo.

Per quei pochi organi di stampa nostrani che ne hanno riferito, la dichiarazione delle soubrettes tedesche è una «scelta-choc»: definizione che è una bella esibizione di pigrizia intellettuale, superficialità e provincialismo. E scandalismo, diremmo, se non fosse che in effetti è davvero uno shock che nel mondo dello spettacolo, a sud delle Alpi, si affronti una faccenda così importante e seria con una serenità e chiarezza di idee che nelle stanze chiuse della politica mediamente non si riesce nemmeno ad avvicinare; anche se si avesse la volontà o la libertà di farlo. E’ uno shock scoprire che nel resto del continente (in larga parte) le libertà individuali e il principio di autodeterminazione, dal primo all’ultimo istante della vita, sono un valore oramai acquisito dalla opinione pubblica e dalla politica.

Qui, invece, dobbiamo attendere le dichiarazioni di due soubrettes quasi in pensione, solo per ricordarci (peraltro per poche ore: Sanremo, il calcio mercato e l’Isola dei famosi hanno enormemente più spazio sui media) cos’é stato finora il dibattito pubblico sull’eutanasia e sul fine vita in Italia: di bassissimo livello, viziato dal solito pregiudizio ideologico di matrice cattolica sull’indisponibilità della vita.

Qui, grazie anche alla pigrizia di qualche cronista, si fa passare per strano e svilente che a parlare della libertà di scegliere come affrontare la morte siano le gemelle Kessler: come se fosse un argomento riservato a qualche elite culturale e non a tutti, quando la realtà è che pressoché chiunque di noi – se quelli nei palazzi del potere avessero davvero interesse ad ascoltarci - ha già ben chiara la sua idea.

Qui dobbiamo andare al traino delle show girls degli anni Sessanta: dunque, se questo è il metodo, speriamo che presto anche Minnie Minoprio faccia qualche esternazione, e Lola Falana le faccia eco da par suo, magari con uno scatenato balletto.

Signore e signori, buonasera!

Pubblicato ieri qui.

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