sabato 16 giugno 2012

Cinque Stelle, zero idee


Ogni volta ci caschiamo: dopo i rottamatori diMatteo Renzi, ora la ribalta tocca ai demolitoridi Beppe Grillo, tutti al grido di “io sono il nuovo che avanza”. Poi, gratta gratta, vengono fuori le magagne, la mancanza di una visione d’insieme della società, di un’idea politica (che non vuol dire partitica), e nei programmi difficilmente si va oltre una lista di intenzioni che somiglia a una letterina a babbo natale.
Secondo un recente sondaggio sulle intenzioni di voto alle prossime elezioni politiche, realizzato dalla EMG per il Tg de La7, il Movimento 5 Stelledi Beppe Grillo sfiorerebbe il 20% dei consensi, con una tendenza in crescita, a raggiungere e superare il 25% (nello stesso sondaggio) del Partito democratico. I sondaggi naturalmente vanno presi con le molle, ma che l’onda di repulsione nei confronti dei partiti e dei politici di professione sia in forte crescita è evidente ed è innegabile che il movimento di Grillo sia quello in grado, al momento, di raccoglierne i consensi.
Questo, unito al buon risultato ottenuto dalle liste dei grillini alle recenti amministrative, vuol dire che presto avremo a che fare con questi ultimi anche al livello nazionale, perché la Berlino verso la quale Grillo ha detto di stare marciando dopo la vittoria facile di Parma è il Parlamento. Dunque sarà bene conoscere e capire con chi avremo a che fare.
Grillo era partito col piede giusto, fiutando con anni di anticipo il crollo dei partiti: inizialmente aveva appoggiato la nascente Lista Civica Nazionale di Francesco pancho Pardi e Roberto Alagna, salvo poi prenderne le distanze e mettersi in proprio. Fin dall’inizio il movimento è caratterizzato da una forte impronta populista, una personalizzazione incentrata sulla figura delleader carismatico: la sua faccia e il suo nome sono ovunque, a cominciare dal materiale propagandistico fino alla canzoncina «ho un grillo per la testa», sigla dei video del suo canale YouTube, che fa il paio con il «Meno male che Silvio c’é» berlusconiano: sì, perché checché ne dica l’ex comico, nei giorni scorsi impegnato a rispondere per le rime a Beppe Severgnini che ha definito il suo un populismo 2.0 (e lo ha addirittura paragonato a Mussolini), il suo è proprio populismo, un populismo uguale e contrario a quello forzitaliota, e il suo movimento un partito padronale come quello del Cavaliere, fondato in gran parte sul fideismo degli adepti. Gli argomenti in fondo sono gli stessi: noi siamo il bene, gli altri il male.
Passato dai comizi teatrali al Vaffanculo day, solleticando la pancia dei seguaci con la suademagogia sul tema della lotta alla casta a prescindere, ora il Movimento 5 Stelle si propone come alternativa ai tanto odiati partiti tradizionali ed espone un suo programma ufficiale e un paradossalenon-statuto (forse ispirato al non-compleanno del cappellaio matto di Lewis Carroll), scaricabili dal sito del movimento. Diamo un’occhiata al programma, soprattutto dal punto di vista che è più caro aCronache Laiche: la laicità e i diritti civili.
Il programma ha come sottotitolo “Stato e cittadini Energia Informazione Economia Trasporti Salute Istruzione, il che dovrebbe riassumere ed esplicare quali sono i temi sensibili cui il movimento intende dedicarsi ove avrà la possibilità. In totale quindici pagine (indubbiamente un bel progresso rispetto alle quasi trecento del famigerato programma dell’Unione di Prodi del 2006), tre delle quali sono dedicate al tema dell’energia, tre anche alla salute, due all’informazione e all’economia, una all’organizzazione dello Stato, solo mezza pagina all’istruzione. Leggendolo, si evincono soprattutto due aspetti: la divinizzazione di internet elevato a unico mezzo di comunicazione tra gli aderenti al movimento e unica possibilità di salvezza per la democrazia, e una lista di obiettivi che sono poco più di una manifestazione di buoni propositi, perché non viene spiegato come questi obiettivi possano essere raggiunti.
Nella mezza paginetta finale dedicata all’istruzione troviamo l’unico accenno ai temi a noi cari, una riga striminzita che recita: «Risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica», tutto qui. Un po’ poco per chi pretende di guidare il Paese: non si parla di riforma del diritto di famiglia, di immigrazione, di legge contro l’omofobia, di cacciare dalla sanità pubblica i talebani cattolici, di ora di catechismo obbligatoria, dell’otto per mille, di privilegi del clero. Che accadrà quando in un Parlamento con una significativa rappresentanza grillina si dovranno affrontare questi argomenti?
Forse rivedremo epiche lotte come quelle tra la Binetti e Ignazio Marino nel Pd? O forse accadrà quello che è accaduto nei giorni scorsi: Francesco Perra, attivista sardo, in un dibattito televisivo si è scagliato contro il Gay Pride e il matrimonio omosessuale coi consueti argomenti dei cavernicoli omofobi. «Non mi sento un omofobo ma tutta questa ostentazione mi sembra eccessiva» ha affermato, aggiungendo a proposito del matrimonio: «A quel punto potremo anche sposarci in tre o col proprio animale». A stretto giro arriva la scomunica dei movimenti 5 Stelle della Sardegna, i quali «si dissociano fermamente da tali dichiarazioni, in quanto contrarie allo spirito del Movimento e lesive persino della sensibilità dei suoi attivisti. Inoltre si segnala che lo stesso Sig. Perra a nessun titolo – se non unicamente personale – è autorizzato a rilasciare dichiarazioni a nome del Movimento stesso». Nel forum del Movimento c’é anche chi chiede l’espulsione di Perra, ma chi ha ragione se il Movimento su questi argomenti non ha una linea, e se il mantra è che ognuno ha garantita la libertà di opinione, che vuol dire tutto e niente?
I grillini – che ultimamente tengono a rimarcare le distanze dal padrone fondatore – paiono migliori del loro leader, come spesso accade, e nel forum  alcuni chiedono – invano – di affrontare la questione laicità, ma il Movimento nel suo complesso si conferma, almeno a leggere il programma (il programma ufficiale di un partito è la sua carta di identità), votato più a combattere e possibilmente abbattere il sistema partitico che a proporre un modello organico di società. Al netto delle sparate estemporanee del leader carismatico, in negativo, o delle iniziative isolate di gruppi locali del Movimento, in positivo. La cosa è abbastanza grave per chi si candida a guidare il Paese: è facile essere contro la partitocrazia, ma da qui a proporre, di più, ad avere un’idea alternativa ce ne corre. In tutto questo, è sintomatico che non si parli di laicità e diritti civili: non ci sono idee, è terra di nessuno, proprio come nei partiti tradizionali, e così spuntano personaggi improponibili come Perra. Poi basta prenderne le distanze: sappiamo solo con chi non stiamo.
Già visto: si ripropone la rissa eterna nel Pd sulla laicità, o la maldestra scelta dei candidati dell’Idv di Di Pietro, che ci ha consegnato personaggi memorabili come il senatore Sergio De Gregorio, il quale – vicende giudiziarie a parte – appena eletto nel 2006 con Prodi passò all’altra sponda alla velocità della luce. Sì, accade anche tra i grillini: alle comunali di Roma nel 2008, su quattro eletti nei Municipi con le liste civiche beppegrillo.it, tre  (Andrea Maggi, Marco delle Cave e Giancarlo Balsamo, eletti rispettivamente nei municipi VI, V e XI) si dimettono dopo circa un anno entrando nell’Idv e addirittura nell’Udc di Casini, Cesa e Cuffaro. Allora, cosa c’é di diverso dai tanto odiati partiti?
Fino ad ora hanno vinto grazie alla crisi di rigetto degli italiani nei confronti della politica; Parma, dove Pizzarotti ha presentato una giunta ancora incompleta (tenendo per sé alcune deleghe in attesa di trovare persone competenti cui affidarle), sarà da tenere d’occhio, anche se un Municipio non è certo il Parlamento e nemmeno palazzo Chigi.
Ma intanto possiamo dirlo: sotto il populismo, niente. Peccato, era una buona occasione.
Pubblicato ieri qui.

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