giovedì 28 giugno 2012

Cattolici in politica, il tormentone dell’estate


Nell’editoriale pubblicato domenica sul Corriere della Sera, dal titolo «L’irrilevanza dei cattolici», Ernesto Galli della Loggia torna a parlare del presunto ‘silenzio’ dei cattolici in politica, tema assai di moda, da Todi in poi. Partendo dall’immancabile enunciato secondo il quale non c’é bisogno di un partito vero e proprio (e ti credo, molto meglio infiltrarsi nei partiti già esistenti per controllarli possibilmente tutti: vedi la paralisi del Pd, primo partito secondo tutti i sondaggi, sui diritti civili)  quanto piuttosto di una «voce cristiana» in quella che è una «una sfida innanzi tutto culturale e ideale». E’ vero: manca un progetto, una visione cattolica, nel senso che ne manca una che non sia il solito moralismo, come deve ammettere lo stesso della Loggia, o la solita propensione alla corsa alla poltrona, al potere puro e semplice.
Il ‘vero patriottismo’ in una società immobilizzata da anni e influenzata dalla secolarizzazione, secondo l’ineffabile editorialista del Corriere, sarebbe un recupero di una via di «serietà e di sobrietà» che solo attraverso l’etica del cristianesimo/cattolicesimo (e di tutte le religioni, per non farsi mancare niente) si può percorrere. Si tratterebbe dunque «di contribuire alla costruzione di una cultura civica, di rafforzare un insieme di valori pubblici, di costruire disposizioni d’animo collettivo orientate al bene comune [...] di ricercare le possibili vie d’uscita dalle strettoie in cui si trova immobilizzata da anni la società italiana».
Galli della Loggia fa anzitutto confusione tra cristiani e cattolici: questi ultimi, se ne facciamo una questione di coerenza (ovvero, se andiamo a vedere la differenza tra la vita del fondatore della loro religione – come narrata dai testi sacri – e la loro), raramente si possono definire cristiani. Altrimenti gli altri cristiani come i Valdesi, che non si lasciano andare sempre al moralismo ottuso e bigotto dei cattolici, cosa sono, ultracristiani, ipercristiani?
Anche senza considerare che in molte di queste strettoie ci siamo andati a ficcare proprio grazie alle “voci cristiane” nella politica, intente perennemente ad imporre una visione reazionaria e di minoranza – e comunque non condivisa totalmente, il che sarebbe già sufficiente – e non estranea nemmeno ai sempre frequenti episodi di mal governo o proprio di corruzione, è strano che Galli della Loggia dica che manca una idea, visto che per un cristiano dovrebbe essere tutto codificato, tutto già apparecchiato, già scritto nei testi sacri, esposto nei minimi dettagli e pronto per l’uso; a meno che non si ammetta che anche la religione si debba piegare al relativismo, particolarmente inviso a questo papato, e assecondare il mutare dei tempi e dei costumi.
Quanto all’assenza dei cristiani/cattolici: ma dove l’ha vista? Dal ‘traumatico’ crollo della Dc, ricordato con rabbia e nostalgia da Galli della Loggia come una delle cause delle  misere condizioni in cui versa la nostra società (crollo dal quale sono passati ormai vent’anni: vent’anni di ‘irrilevanza politica’, il che significherà pure qualcosa), in realtà essi sono dappertutto, come il “sale” o il “lievito” (o la muffa o la ruggine, a seconda dei punti di vista), nelle istituzioni pubbliche come in quelle private, con le loro lobbies più o meno influenti e più o meno sfacciate. Se assumiamo che non si debba creare un nuovo partito cattolico/cristiano che si deve impegnare mettendoci la faccia e prendendosi tutte le responsabilità senza ambiguità, il passo successivo – qualcuno lo dica a Galli della Loggia – è il ritorno alla teocrazia, al potere temporale della Chiesa. Dopodiché noialtri, il resto del mondo, non si potrà che iniziare a costruire un nuovo movimento di resistenza civile contro l’assolutismo religioso e a tirare su di nuovo le barricate per le strade.
Ma alla fine, per una volta possiamo essere d’accordo con l’editorialista: anche noi vorremmo che i cattolici dicessero chiaramente quello che vogliono, una volta per tutte. Galli della Loggia infatti non lo dice (non lo sa neppure lui?), e si limita a stilare il suo compitino, una lista assai generica di desideri e buoni propositi non meglio specificati.
Perché il problema è che qualcuno potrebbe pensare che non lo sanno nemmeno loro – i cattolici – cosa vogliono; a parte il potere, s’intende.
Già pubblicato qui.


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