martedì 1 maggio 2012

La Chiesa non fa politica. La fiancheggia


All’approssimarsi delle elezioni amministrative sale agli onori della cronaca il comizio di parrocchia. Succede a Genova, per coincidenza la città di monsignor Bagnasco, dove il clero locale ha deciso di appoggiare esplicitamente il candidato del Pdl alle comunali Pierluigi Vinai, a metà tra Berlusconi e l’Opus Dei. Ma succede che nella stessa città, negli stessi giorni e in vista dello stesso turno elettorale, i cosiddetti ‘preti di strada’ appoggino invece il candidato del centrosinistra, Marco DoriaDon Andrea Gallo e don Paolo Farinella si espongono senza paura, quest’ultimo addirittura fa salire sull’altare alcuni candidati a lui cari durante la messa. E, infine, succede che il candidato appoggiato dal terzo polo nella stessa città alle stesse elezioni, Enrico Musso (terzo polo vuol dire anche e soprattutto Udc, il partito più clericale che c’é), vista l’assenza di qualsiasi sostegno clericale apprezzabile alla sua candidatura, sentendosi ingiustamente discriminato, si lamenti rimpiangendo una presunta laicità dello Stato, della quale normalmente non frega niente a nessuno. Siamo alle comiche.
Roba da far impallidire Guareschi, e i suoi impareggiabili Peppone e don Camillo, con quest’ultimo (una figura che era moderna ai tempi di stesura dei romanzi dello scrittore parmigiano, e che è profetica se vista ai giorni nostri) che utilizzava tranquillamente il pulpito per la sua propaganda anticomunista. Per inciso, don Camillo è anche l’alter ego dello stesso Guareschi, fervente cattolico e militante anticomunista. Genova come Brescello: ci attendiamo brindisi all’olio di ricino, mungiture notturne e crocifissi parlanti anche all’ombra della lanterna, dunque.
In realtà l’Italia è sempre stata piena di preti come don Camillo; i quali però nella maggior parte dei casi lavorano di fioretto, infarcendo le loro omelie con riferimenti – forse impliciti ma sempre chiarissimi – al pericolo che potrebbe derivare dall’elezione di candidati nei cui programmi trovano delle minacce (è questa la parola chiave) alla famiglia, o al matrimonio, o all’universo intero. Terrorismo semantico sempre efficace con le anime candide; trascurando il fatto che ad altri livelli il prete o il monsignore (o magari il papa) di turno semplicemente appoggia il candidato o il partito che gli garantisce soldi e potere in saecula saeculorum.
Tornando a un livello più basso: alla luce del caso Genova, sarà finalmente ora per le sottane vaticane (i farisei contemporanei), in tempi di crisi dei partiti e di anti politica, di gettare la maschera, di presentare apertamente e senza ipocrisia le parrocchie disseminate sul territorio italiano come vere e proprie sezioni di partito votate alla propaganda, alla militanza… e alla lavanda celebrale dei fedeli-elettori? Così, come contributo alla chiarezza.
Già pubblicato qui.

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