venerdì 13 gennaio 2012

La droga di Stato



Quando parliamo di droga intendiamo comunemente quelle illegali: cocaina, eroina e tutti i derivati, incluse le sempre più ingegnose droghe di sintesi; sacrosanta è la lotta alle mafie di tutti i tipi e tutte le latitudini che ne curano produzione e commercio a livello planetario, sacrosanta è l’informazione di base alla popolazione sugli effetti di queste droghe, l’educazione al rispetto del proprio corpo e della propria vita. Ma questa lotta planetaria non include quella che è la droga più diffusa e per questo più infida: l’alcol. La quale ha una prerogativa peculiare: tra quelle pesanti, è l’unica droga legale, il cui consumo è abitudine antichissima e socialmente tollerata, quando non proprio incoraggiata.

Ciò non toglie che l‘etanolo (o alcool etilico) è una sostanza estranea all’organismo (xenobiotica), e quando viene assunto si diffonde rapidamente al suo interno perché estremamente solubile sia nell’acqua che nei grassi corporei; inoltre è una molecola tossica e cancerogena.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità classifica l’alcol fra le droghe. «E’ una sostanza molto tossica per la cellula epatica, più di molte droghe illegali, ed è causa di una dipendenza il cui grado è superiore rispetto alle droghe più conosciute. Come tutte le droghe, anche l’alcol ha un potere psicoattivo, e la sua assunzione protratta nel tempo induce assuefazione. Può nel tempo instaurarsi un legame specifico che condiziona negativamente lo stile di vita della persona che ne fa uso, mettendone a rischio la salute fisica, psichica, familiare e sociale. Secondo l’OMS, in Europa si ha il più elevato consumo alcolico al mondo: il consumo per abitante è il doppio rispetto alla media mondiale. L’alcol è il terzo fattore di rischio per i decessi e per le invalidità in Europa, e il principale fattore di rischio per la salute dei giovani» (pubblicazione a cura del dipartimento delle Dipendenze – Azienda ULSS 20 Verona – Programma regionale sulle dipendenze – Regione Veneto 2008)

Secondo l’Istat, «nel 2010 la quota di popolazione di 11 anni e più che ha consumato almeno una bevanda alcolica durante l’anno è pari al 65,7%; il 26,3% della popolazione (14 milioni 126 mila persone) beve alcolici quotidianamente, mentre il 38,4% ha consumato alcol almeno una volta fuori dai pasti. Negli ultimi 10 anni tra i giovani sono aumentati i consumatori occasionali, quelli che bevono fuori pasto e di chi consuma altri alcolici oltre a vino e birra, mentre si sono ridotti i consumatori giornalieri e quelli che bevono solo vino e birra. Nel complesso i comportamenti a rischio nel consumo di alcol (consumo giornaliero non moderato), ‘binge drinking’ (sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione e consumo di alcol da parte dei ragazzi di 11-15 anni) riguardano 8 milioni e 624 mila persone, il 16,1% della popolazione di 11 anni e più. La popolazione più a rischio di consumo non moderato è quella anziana: si tratta di 2 milioni e 915 mila persone di 65 anni e più (il 43,5% dei maschi e il 10,6% delle femmine), i quali consumano alcol quotidianamente eccedendo le raccomandazioni, spesso mantenendo comportamenti acquisiti nel corso della vita, non consapevoli degli aumentati rischi per la salute dovuti all’avanzare dell’età. Il 13,6% dei ragazzi di 11-15 anni (392 mila persone) consuma alcol, comportamento già a rischio in sé, ma ancora più grave perché pone le basi per possibili consumi non moderati nel corso della vita. Tra i giovani di 18-24 anni che frequentano assiduamente le discoteche i comportamenti di consumo di alcol a rischio sono più diffusi (33,9%) rispetto ai coetanei che non vanno in discoteca (7,2%)».

L’alcolismo costituisce un danno sociale, che comporta grandi oneri per la collettività: «L‘alcol è la causa di circa la metà degli 8.000 decessi conseguenti ad incidenti stradali, che rappresentano la prima causa di morte per gli uomini al di sotto dei 40 anni. La guida in stato di ebbrezza ha causato, nel 2005, ben 4.107 incidenti stradali e le infrazioni accertate dalla Polizia Stradale nel 2006 per guida sotto l’influenza di alcol sono state 24.803. Tra i guidatori in stato psico-fisico alterato, chi è sotto l’effetto di alcol rappresenta il 70.2%. L’abuso di alcol è la causa della crescente mortalità giovanile per incidente stradale, per più del 40% dei casi, e del 46% dei morti di età compresa fra i 15-24 anni. Secondo dati forniti dall’OMS, ogni anno nella Regione Europea circa 73 mila morti e più di 2 milioni di ricoveri o visite ospedaliere, sono dovuti ad atti di violenza interpersonale. L’alcol appare come fattore determinante almeno nel 40% dei casi. Negli Stati Uniti, le statistiche indicano come l’86% dei casi di omicidio, il 37% delle aggressioni e il 60% delle violenze sessuali avvengono sotto l’effetto dell’alcol. Il rapporto tra uso di alcol e violenza è dovuto agli effetti di disinibizione, alterazione dei meccanismi di elaborazione delle informazioni, riduzione dell’attenzione. Ma, sempre a causa di questa alterazione, l’assunzione di alcol aumenta anche il rischio di subire atti di violenza, perchè incapaci di interpretare correttamente le situazioni. Il 6.8% di tutte le disabilità che vengono registrate in un anno è attribuibile all’alcol e complessivamente il 10% dei ricoveri è legato all’abuso di alcol. Ogni anno in Italia circa 40.000 individui muoiono a causa dell’alcol per cirrosi epatica, tumori, infarto emorragico, suicidi, aborti, omicidi, incidenti stradali, in ambiente lavorativo e domestico». (dati forniti dal dipartimento delle Dipendenze della Regione Veneto in collaborazione con il dipartimento delle Politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri)

Il dibattito, soprattutto tra gli operatori della grave emarginazione sociale, che comprende un gran numero di soggetti alcolisti, riguarda anche il mondo della pubblicità, per il quale non esiste altro che una legge, la legge 125 del 30 marzo 2001, la quale è di fatto solo una – blanda – autoregolamentazione; il marketing alcolico non trova limitazioni nella sua azione di promozione di uno stile di vita – la cultura del bere senza moderazione – in cui il consumo di alcol è sinonimo di successo, ricchezza, disinvoltura, divertimento, modernità, furbizia.

Chi si trova di fronte all’alcolista acclarato, sa che il primo passo che questi deve necessariamente intraprendere, se vuole affrontare seriamente la sua malattia (perché questo è l’alcolismo: una malattia sociale), è prenderne consapevolezza: di solito l’alcolista non ammette di essere malato. Dopodiché, il percorso di cura può prevedere una parte farmacologica (a seconda della gravità del caso, e su prescrizione e controllo delle aziende sanitarie) a base principalmente di disulfiram (Antabuse), oppure una psicologica (eventualmente sia l’una che l’altra), nella quale si coinvolge l’intero gruppo familiare dell’alcolista – e per chi non ha familiari, si può procurare un accompagnatore che lo affianca anche nella terapia di gruppo, come si fa ad esempio nei C.A.T. – Club Alcolisti in Trattamento.

Una considerazione personale: chi scrive ha avuto l'occasione di collaborare coi C.A.T., e di vedere di persona quanto descritto sopra; la critica alla cultura del bere parte proprio dagli operatori del settore, che con l'alcolismo ci combattono ogni giorno, e dagli stessi ambienti viene la nozione secondo la quale anche la leggenda che un moderato consumo di alcol quotidiano (ad esempio il famoso bicchiere di vino a pasto) non ha fondamento. Così come è illusione che un bicchierino ci possa riscaldare quando fa freddo (in realtà l'effetto sull'organismo è opposto, al di là della sensazione momentanea). E' una questione di chimica, non è un'opinione.

Infine, si pone un problema di natura etica, se consideriamo che lo Stato, tramite le accise sugli alcolici, di fatto guadagna su una sostanza stupefacente: una parte piccola ma non proprio trascurabile della finanza pubblica passa attraverso gli introiti che derivano dalla tassazione dei prodotti a base alcolica, e questa è una questione che prima o poi andrà affrontata seriamente. Se non altro per un fatto di coerenza: parlando di droghe pesanti, ce ne sono forse di serie A e di serie B?

I giovani, soprattutto, considerino bene quanto esposto, mentre si approcciano al consumo di alcol in maniera superficiale (perché, come la sigaretta, è socializzante) e non informata, quando cercano lo sballo serale o se si sentono furbi perché stanno bevendo la vodka o il vermouth reclamizzato in tv, dove giovani fighi e bellissime fotomodelle ostentato la loro presunta gioia di vivere, bevendo di notte a una festa sul tetto di un grattacielo, sotto un romantico cielo stellato.


Già pubblicato qui.

Nessun commento: