mercoledì 18 gennaio 2012

Ezra Pound non abita più qui



I camerati di Casapound sono alla ribalta sempre più spesso sulle pagine di cronaca dei giornali, ogni volta per un motivo diverso, suscitando cori di sdegno da una parte e dall’altra dello schieramento politico, soprattutto nella capitale.

L’ultima in ordine di tempo dei fascisti del terzo millennio riguarda un poco rispettoso commento del leader Gianluca Iannone alla recente morte del procuratore aggiunto di Roma, nonché capo del pool antiterrorismo, Pietro Saviotti. «Il 2012 si apre con prospettive interessanti… Evviva», ha scritto Iannone (poi pentitosi ma solo a metà: «una battuta infelice, scritta peraltro in uno spazio privato», è la precisazione che si legge sul sito di Casapound) sulla sua pagina Facebook, parlando della scomparsa del magistrato reo, ai suoi occhi, di aver inquisito ingiustamente il suo movimento per gli scontri studenteschi dell’ottobre 2008 a piazza Navona e per aver mandato in carcere (attualmente ai domiciliari) il militante Alberto Palladino per l’aggressione a Paolo Marchionne, capogruppo del Pd nel IV Municipio di Roma. La battuta infelice è stata seguita dai commenti indignati dei rappresentanti di Comune, Provincia e Regione, i quali quando si parla di Casapound sembrano tutti appena cascati dal pero. Soprattutto il sindaco Gianni Alemanno, che pure – come dicono alcuni e come invece negano entrambi – i ragazzi in camicia nera li coccolava fino a ieri: Mario Vattani ad esempio, è stato consigliere del sindaco di Roma, poi console generale d’Italia in Giappone ed è leader – col nome di battaglia di Katanga – di un gruppo definito dai media fascio-rock, i Sotto Fascia Semplice. Si era esibito proprio a un raduno di Casapound, con tanto di video inserito su YouTube (generando lo scoop de L’Unità che ha portato al suo deferimento alla Commissione Disciplina della Farnesina).

Intanto, il minacciato corteo dell’estrema destra italiana del 7 gennaio, ricorrenza della strage di Acca Larentia, non ha potuto svolgersi per il divieto della questura; già prima, però, proprio Iannone e soci all’ultimo momento avevano deciso di sfilarsi (seguendo una decisione analoga di Forza Nuova), facendo venire meno la loro importante presenza, cosa che avrebbe evidentemente sfoltito un po’ troppo i ranghi dei manifestanti anche in presenza di un via libera della questura. Più o meno da quelle parti (cioè a destra) a proposito di cortei, al momento resta confermato solo quello del partito de er pecora, al secolo Teodoro Buontempo, e di Francesco Storace per il 4 febbraio prossimo, contro il governo delle tasse di Mario Monti.

Per il nome che si sono scelti, le gesta del movimento guidato da Gianluca Iannone stanno facendo il giro del mondo: il quotidiano francese Le Monde, partendo dalla strage di Firenze (quando Gianluca Casseri, simpatizzante di Casapound, ha ucciso due venditori senegalesi e si è suicidato), ha intervistato Iannone in una inchiesta su Casapound intitolata «E’ una casa nera». Il cronista francese entra con curiosità antropologica nella sede romana del movimento, osserva i poster di Ezra Pound ma anche di Che Guevara, di Kerouak, Pirandello, Tolkien e ovviamente Mussolini appesi al muro, e ha l’impressione di entrare nella stanza di un adolescente confuso. Iannone si produce nella consueta esposizione del manifesto del suo movimento, e a proposito delle gesta tragiche di Casseri – e del razzismo in genere – se la cava col solito «noi non chiediamo la patente di sanità mentale ai nostri aderenti». Dopo aver condannato le leggi razziali del ventennio, e senza però rinunciare a esaltare gli effetti benefici del regime: con il fascismo «l’Italia ha conosciuto un periodo di sviluppo economico ed industriale intenso».

In Francia, che si sappia, questa intervista non ha lasciato strascichi degni di nota; non così è andata a Roma, dove anche Radio Rock (tra le maggiori emittenti della capitale) prima di Le Monde, aveva intervistato Iannone: per aver fatto questo, lo speaker Emilio Pappagallo, conduttore del morning show della radio (che aveva in progetto – poi non realizzato a seguito delle polemiche – di intervistare anche Nunzio D’Erme in rappresentanza dell’opposto estremismo, pensando pure a un confronto tra i due), è stato subissato da una valanga di critiche e ingiurie di una parte degli ascoltatori, prima, durante e dopo l’intervista. Tirando in ballo la Costituzione (divieto di ricostituzione del partito fascista), quegli ascoltatori – specchio del pensiero comune sul fascismo contemporaneo – hanno teorizzato che c’é qualcuno che non deve nemmeno parlare, facendo confusione tra i verbi comprendere e giustificare, di fatto praticando una forma di fascismo uguale e contraria a quello che sostengono di voler avversare. Ciliegina sulla torta, l’abbandono della radio, con modalità a dir poco polemiche, da parte di tre dei più importanti speakers della storica – e molto seguita – emittente capitolina. Sono stati aperti su Facebook gruppi contro Radio Rock e un paio di band importanti come i 99Posse e i Radici nel Cemento hanno diffidato l’emittente dal trasmettere i loro brani. Il tutto per un’intervista nella quale non sono emersi dati salienti se non il rifiuto – certo non sorprendente – di Iannone, per conto del suo movimento, di rinunciare alla violenza. In Italia intervistare fascisti porta male.

Iannone, intanto, il 13 gennaio scorso ha ricevuto la visita dei Carabinieri che hanno perquisito la sua abitazione in cerca di prove di un coinvolgimento di Casapound in merito all’agguato subito da Francesco Bianco, ex militante dei Nar gambizzato una decina di giorni prima.

Poco prima di Natale, infine, il colpo di grazia: la signora Mary de Rachewiltz, figlia del controverso scrittore americano Ezra Pound, ha denunciato Casapound per l’uso improprio del cognome del padre. Già due anni fa la de Rachewiltz aveva manifestato pubblicamente la sua insofferenza; ora, dopo la vicenda di Gianluca Casseri è passata alle vie legali, con la dichiarata intenzione di far cambiare nome al gruppo di Iannone: «Quella strage mi ha colpito tremendamente, ed è stata l’ultima goccia. Io ho studiato a Firenze, e questo mi ha reso tutto ancora più doloroso [...]Un’organizzazione politica compromessa come questa non ha nulla a che fare con il nome Pound», che «appartiene all’umanità ed è patrimonio di tutti». Quest’ultima è la stessa motivazione per cui Iannone si è sempre rifiutato di rinunciare al nome Pound.

In effetti, qualcuno potrebbe domandarsi: chi collocherebbe Ezra Pound, poeta verso il quale anche Pier Paolo Pasolini aveva manifestato interesse, nella camera di un adolescente confuso?

Già pubblicato qui.

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