lunedì 9 gennaio 2012

Il sesso del papa



Si sussurra da sempre, ma in pubblico non si dice. Si vocifera da prima che salisse al soglio pontificio, quindi in tempi non sospetti; ma non se ne deve parlare, non sia mai. Poi, di tanto in tanto, esce fuori qualcuno che prova a parlarne pubblicamente: Joseph Ratzinger sarebbe omosessuale. L’ultima in ordine di tempo a parlarne è stata la tedesca Uta Ranke Heinemann, in una intervista concessa al magazine Vice.

Teologa e scrittrice, la Heinmann è stata la prima donna ammessa all’insegnamento della teologia dalla Chiesa, e sempre dalla Chiesa poi allontanata dall’insegnamento e infine scomunicata, per aver messo in dubbio l’interpretazione letterale della verginità di Maria. Dunque, sebbene la Heinemann conosca personalmente papa Benedetto XVI per esserne stata compagna di studi all’università, per il suo allontanamento dalla Chiesa ufficiale potrebbe anche essere sospettabile di parzialità o risentimenti personali, sulle questioni che riguardano la dottrina cattolica, la teologia e lo stesso papa, ma come dicevamo non è l’unica a pensarlo. E comunque tutto questo a noi non interessa, perché le sue dichiarazioni – e le voci che circolano tra il popolino da lungo tempo – le prenderemo con beneficio di inventario, così come quelle che vogliono monsignor Georg Ganswein presunto compagno di Ratzinger; il fido, silenzioso e belloccio Georg, che segue il suo papa come un’ombra, che spunta dietro di lui in ogni occasione, anche quelle apparentemente insignificanti (nella foto sotto, i due nella cerimonia di consegna di un Piaggio Ape speciale e un suv Dr, donati al Vaticano nel 2008).

Dunque, solo voci, malignità; siamo d’accordo, ma concedeteci solo per un minuto di far finta che sia vero: il papa è gay. E allora? A parte il fatto ovvio – ma non per tutti – che essere omosessuali non è una limitazione o uno svilimento della natura umana, è stata dimostrata più volte, e dunque non è affatto sorprendente, la correlazione tra l’omofobia interiorizzata e quella eterodiretta; ma a parte questo, siamo uomini di mondo, abbiamo fatto tutti il militare a Cuneo (tre anni) e sappiamo benissimo quanti omosessuali, praticanti o meno, ci sono nella Chiesa, a tutti i livelli; non ci scandalizziamo di certo per una ulteriore dimostrazione di incoerenza, e arrogante ipocrisia cattolica.



Anzi, sempre se fosse tutto vero, noi laici faremmo ancora di più: offriremmo la nostra solidarietà al pontefice, rivendicando per lui come per tutti il diritto a vivere pienamente la sua esistenza secondo la sua natura, eventualmente anche in una sana vita di relazione. Un ruolo pubblico non deve necessariamente compromettere la vita privata nei suoi aspetti più intimi (e qui, attenzione, faremmo uno sforzo davvero titanico: perché se si parla di moralisti, e soprattutto del principe dei moralisti, allora il privato deve obbligatoriamente essere coerente con la missione pubblica, sennò il tutto si ridurrebbe a una gigantesca, beffarda buffonata). Non saremmo laici e libertari fino in fondo, se facessimo eccezioni di sorta.

In soccorso del pontefice e del suo ipotetico compagno, nella remota ipotesi fosse tutto vero, s’intende, arriverebbe infine il Parlamento europeo, quello accusato ogni tre per due di essere massone e anticristiano: in una risoluzione del 28 settembre scorso, l’aula di Strasburgo ha ribadito che le persone omosessuali – bisessuali e transessuali – hanno il diritto alla famiglia, ovvero gli Stati devono garantire loro la possibilità di formarsene una e poter vivere serenamente e pubblicamente la loro natura quanto e come tutti gli altri cittadini del continente. In particolare, il Parlamento europeo «ricorda che lo strumentario per la promozione e la tutela dell’esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT), messo a punto dal gruppo di lavoro sui diritti umani del Consiglio dell’Unione europea, cita tra i settori prioritari di azione la decriminalizzazione dell’omosessualità nel mondo, l’uguaglianza e la non discriminazione nonché la protezione dei difensori dei diritti umani»; invita «gli Stati membri a promuovere sistematicamente, in partenariato con i paesi terzi, la tutela e il rispetto dei diritti umani relativi all’orientamento sessuale e all’identità di genere presso le Nazioni Unite e gli altri forum multilaterali nonché, a livello bilaterale, nei rispettivi dialoghi sui diritti umani»; inoltre «si rammarica che nell’Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto all’integrità fisica, alla vita privata e alla famiglia, il diritto alla libertà di opinione, di espressione e di associazione, il diritto alla non discriminazione, il diritto alla libera circolazione anche per le coppie omosessuali e le relative famiglie, il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ricevere cure mediche, nonché il diritto di asilo, non siano ancora sempre pienamente rispettati».
Infine «condanna con assoluta fermezza il fatto che, in alcuni paesi, anche all’interno dell’Unione, l’omosessualità, la bisessualità o la transessualità siano ancora percepite come una malattia mentale e chiede agli Stati membri di affrontare questo fenomeno; chiede in particolare la depsichiatrizzazione del percorso transessuale, transgenere, la libera scelta del personale di cura, la semplificazione del cambiamento d’identità e una copertura da parte della previdenza sociale».

Ecco: fosse per noi, un ipotetico pontefice omosessuale e convivente potrebbe dormire sonni tranquilli. Ma tanto – per quanto riguarda Ratzinger – non è vero niente.

Già pubblicato qui.

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