martedì 2 agosto 2011

Omofobia: figli e figliastri



La legge contro l’omofobia? Non s’ha da fare! Così ha deciso la Camera che – come sempre – si è mossa scodinzolante nel solco tracciato dal Vaticano; per il quale d’altra parte i diritti dei gay non sono diritti umani (come è scritto nella dichiarazione ufficiale della Santa Sede alle Nazioni Unite a proposito del riconoscimento dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere fra i diritti umani). Che è come dire che i gay non sono umani: questa è l’umanità della religione cattolica, questo è l’amore di Cristo.

E questo è un Parlamento allo sbando, a mollo fin sopra i capelli nella palude putrida della ciclica, profonda crisi partitocratica, la cui pressoché unica riserva d’ossigeno è la tradizionale leccata di scarpe (di Prada, nello specifico) al pontefice e sottoposti.

La pregiudiziale di incostituzionalità sollevata e poi votata da politici e partiti clericali come l’UdC, il PdL e la Lega (da notare l'astensione del Ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che a suo tempo si era impegnata a votare a favore), è nient’altro che un misero pretesto per celare maldestramente il pregiudizio anti omosessuale (di origine giudaico-cristiana, va ricordato e sottolineato). C’è già una legge, la legge Mancino, che punisce chi «chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi», e al limite «incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza» (che poi è quello – la propaganda – che fanno quotidianamente le sottane del Vaticano e i loro dipendenti in tutto il mondo). Bastava integrarla inserendo l’orientamento sessuale tra i motivi di discriminazione.

In questo quadro, ad esempio, un cittadino italiano è stato recentemente condannato dalla Cassazione per ingiuria dopo aver apostrofato come «sporco negro» un cittadino senegalese, usando una «espressione idonea a coinvolgere un giudizio di disvalore sulla razza della persona offesa»; anche le discriminazioni sulla base della religione vengono sanzionate, ad esempio quelle contro gli ebrei. Una recente proposta di legge per vietare il negazionismo ha trovato pareri ampiamente favorevoli, a differenza di quella contro l’omofobia, mentre a Bolzano nel 2010 un gruppo di naziskin è stato condannato per «istigazione all’odio razziale», applicando proprio la legge Mancino.

Dunque, nel paese che era la culla del diritto, si fanno figli e figliastri: secondo i cattolicisti in Parlamento, l’orientamento affettivo e sessuale deve stare fuori da una legge che tuteli queste differenze, sennò si realizzerebbe una disparità tra cittadini, si creerebbe una categoria protetta in contrasto col principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione (anche perché l’orientamento sessuale -per costoro- non sarebbe una condizione oggettiva); secondo questa logica si dovrebbe cancellare anche l’aggravante per futili motivi, prevista nel codice penale: che differenza fa il motivo per cui si viene aggrediti o assassinati?

Ricordiamo la grottesca, surreale dichiarazione di un campione di clericalismo becero come Rocco Buttiglione, che paventava la possibilità che con l’approvazione di una legge contro l’omofobia potrebbe finire sotto inchiesta addirittura san Paolo! La beffa dopo il danno, ci si preoccupa del persecutore e non del perseguitato, secondo consuetudine tipicamente cattolica.

Ma la disparità di trattamento è così evidente e macroscopica che perfino un bambino è in grado di vederla, per questi campioni di democrazia la Mancino non è incostituzionale, e non si sognano nemmeno di metterla in discussione. Eppure, di fatto, crea categorie ‘privilegiate’, come paventavano costoro in una eventuale legge anti omofobia.

Se c’é qualcosa di incostituzionale è proprio questa disparità di trattamento delle minoranze; la verità è che certe affermazioni vanno implacabilmente denunciate perché possano essere perseguite, come già ora teoricamente è possibile, e ottenere che tribunali e corti di giustizia se ne occupino, in attesa che auspicabili condanne future facciano giurisprudenza e obblighino il Parlamento che verrà (perché questo è già abbondantemente compromesso, col giuramento solenne di obbedienza che ha reso alla Chiesa Cattolica) ad affrontare di nuovo la questione, con un piglio meno ideologico e con basi giuridiche più solide.

In questo senso, infine, auspichiamo che il – fin troppo – variegato mondo dei movimenti glbt si dia da fare a tempo pieno, preoccupandosi un po’ di meno di caratterizzarsi ideologicamente a fianco dei partiti, o di organizzare serate danzanti e di aumentare le tessere stipulando convenzioni coi locali notturni, e lavorando invece di più alla unità delle associazioni verso l’obiettivo comune.

Già pubblicato qui.


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