lunedì 4 luglio 2011

Veronesi e Buttiglione: è un mondo facile



«E’ un mondo difficile», cantava il cantante. «Dipende (…) da che punto guardi il mondo», cantava l’altro cantante.

Hanno fatto scalpore, nell’ultima settimana, le dichiarazioni del professor Umberto Veronesi, scienziato, non sospettabile di clericalismo o ateodevotismo, secondo il quale l’amore omosessuale è più puro di quello eterosessuale, perché quest’ultimo sarebbe finalizzato solo alla procreazione; quindi un amore di un livello inferiore, esclusivamente “istintivo” rispetto a quello di chi sceglie la condizione omosessuale, che non comporta l’opportunità della riproduzione.

Dichiarazioni uguali e contrarie a quelle che si susseguono dall’altra parte, quella cattolica; l’ultima – che si sappia a oggi – è quella di Rocco Buttiglione, rilasciata durante una recente intervista al settimanale A: secondo il filosofo ed esponente dell’UdC, «se Dio ti ha dato un corpo da maschio non potrai mai essere donna, non potrai mai avere una gravidanza». Ripetono cose simili da sempre, come un mantra.

E subito i media di una parte e dell’altra si sono dispiegati, trombe (e tromboni) da una parte, campane dall’altra; con le associazioni glbt che hanno lodato e incensato il famoso oncologo, dimostrandosi una volta di più inadeguate a rappresentare le istanze delle persone omosessuali, e gli opinionisti cattolici pronti a scattare e a prodursi nella difesa della famiglia e della ‘vita’, un po’ a vanvera come sempre. Tutti dilungandosi in un dibattito che in un paese civile sarebbe solo tempo sprecato.

Ovviamente le equazioni astratte sulla purezza di un amore o dell’altro (etero e omo) sono smentite dalla realtà dei fatti, perché ad esempio il mondo è pieno di coppie eterosessuali sterili o semplicemente non determinate a riprodursi; così come esistono coppie omosessuali che desiderano esprimere la loro genitorialità; ma soprattutto è impossibile entrare nella testa delle persone e giudicare chi ama con purezza di intenti e chi no, chi è l’altruista o l’egoista nel volere o non volere un figlio.

Più sopra abbiamo detto che le due in oggetto sono dichiarazioni “uguali e contrarie”; ma siccome «da che punto guardi il mondo tutto dipende», andiamo a dimostrare che in realtà si inseriscono entrambe nello stesso solco: quello della feroce “semplificazione” a oltranza. Senza entrare nel merito delle circostanze in cui Veronesi ha esternato (tendiamo a credere alla sua buona fede), la sua è una visione rozzamente semplicistica dei rapporti affettivi tra due persone, ma soprattutto è lontana anni luce da un approccio ateo e scientifico al mondo. Una visione vicinissima invece al fideismo puro: quella propensione che hanno i religiosi e i loro seguaci a tagliare la realtà con l’accetta, rifiutandosi di vedere la complessità delle relazioni umane, l’unicità della persona, confinando tutto in categorie grossolane (puro – non puro) oltre che irrealistiche, molto probabilmente per tentare di ridurre il mondo a un oggetto che sia al loro livello, cioè facile da comprendere senza la necessità – e lo sforzo – del ragionamento.

Buttiglione, come tutti i cattolicisti, è irrecuperabile; per questo, alla fine tra le due posizioni espresse nelle esternazioni di cui sopra, quella che ne esce peggio è quella del povero Veronesi, perché usando delle categorie mentali tipicamente cattoliche egli si dimostra – in questo caso – ateo solo a parole. Dunque, la verità è che i due stavolta vanno a braccetto.

Il che conduce finalmente alla sostanza del discorso: come è difficile per tutti il cammino verso l'ateismo vero e proprio, che deve rifuggire da dogmatismi d’ogni sorta e semplificazioni grossolane e primitive. Arrivarci e restarci è davvero difficile, è una conquista che va fatta ogni giorno.

Già pubblicato qui.

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