mercoledì 22 giugno 2011

Omosessuali cattolici: intervista con Nuova Proposta



Nuova Proposta è un gruppo di omosessuali cattolici nato a Roma, dall'incontro di diversi piccoli gruppi di ragazzi e ragazze che all'epoca si ritrovavano per pregare e stare insieme, oltre venti anni fa. Come altre realtà simili in tutta Italia, cercano un modo di conciliare la loro fede con l'appartenenza ad una Chiesa quantomai ostile nei confronti delle persone glbt.
Cerchiamo di capirne di più parlando col presidente del gruppo, Andrea Rubera.


Per la vostra veglia di preghiera in ricordo delle vittime dell'omofobia avete incontrato l'opposizione del vicariato, che non ha acconsentito che si svolgesse in un locale parrocchiale; analoga opposizione hanno incontrato altri gruppi, ad esempio a Palermo. Come vi spiegate questo atteggiamento di chiusura dei vertici della chiesa perfino di fronte alla richiesta di poter pregare (cosa che apparentemente non è in contrasto con la pastorale per gli omosessuali, e che comunque dovrebbe essere -la preghiera- il fondamento dell'essere cristiani)?

In questi 3 mesi di dialogo con il Vicariato per l’organizzazione della veglia, conclusi con una non disponibilità da parte loro ad organizzare la veglia presso una parrocchia, credo di aver capito molte cose. Penso che chiunque, anche la Gerarchia, sappia perfettamente cosa significhi l’omofobia e i danni che essa arreca alle vite di moltissime persone. Credo che il loro giudizio di “non opportunità” di questa preghiera fosse per lo più derivato dal timore di strumentalizzazione da parte dei media. In sintesi: mi è parso di capire che si tema che ogni “concessione” sul tema omosessualità, inclusa addirittura una preghiera per le vittime dell’omofobia (che dovrebbe essere auspicata e ritenuta opportuna da chiunque si definisca cristiano) possa essere scambiata per uno “sdoganamento” della questione omosessuale da parte della Chiesa. Temono questo. Ma finché il timore prevarrà sulle possibilità di accoglienza, di ascolto e di dialogo, credo nessuno di noi sarà veramente libero di far lavorare lo Spirito Santo, che è il vero motore propulsivo della vita nella chiesa popolo di Dio in cammino. Gesù ci ha detto “Non abbiate paura!”, non possiamo ignorare questo invito, preoccupandoci di tenere sotto controllo sempre tutto. Il cuore, mi rivolgo alla gerarchia cattolica, va gettato oltre l’ostacolo. Solo così si produrranno dei risultati. Al momento la quasi totalità delle persone omosessuali o transessuali cristiane in Italia effettuano un percorso che finisce con l’autoesclusione. Mi chiedo se il peso di questo processo sia mai stato valutato. Se si riesca a dare un valore o un disvalore alla perdita di queste persone che finiscono per scegliere o un ateismo, magari non necessariamente convinto, o altre religioni, anche non cristiane, più inclusive e tolleranti. Credo la Chiesa istituzione debba favorire un momento importante e serio di riflessione al suo interno, per poter giungere a comprendere meglio, e non solo avvicinando la tematica per astratte categorie morali, la questione omosessuale e transessuale, e trovare il senso ultimo delle nostre richieste di inclusione e accettazione, valorizzando anche il nostro contributo, e non solo vivendoci come un problema.

Le dichiarazioni del vescovo di Pistoia mons. Mansueto Bianchi sull'aggressione ai dirigenti Arcigay a Napoli sono state apprezzate da Nuova Proposta: ma è sufficiente quello che ha detto il vescovo per segnare un'inversione di tendenza? Il vescovo di Pistoia fa parte della stessa Chiesa del vescovoFabian Bruskewitz della diocesi di Lincoln, Stato del Nebraska, che invece dice che chi è gay sarà 'dannato per sempre'.

La Chiesa al momento si muove a macchia di leopardo… Alcuni vescovi, come mons. Bianchi, per fortuna, stanno comprendendo cosa ci sia dietro il fenomeno dell’omofobia, quante vite siano represse, torturate, dileggiate, svilite, costrette alla fuga, a nascondersi, al silenzio.
Se Cristo ci ha indicato che compito del cristiano è essere agente di vita, così come Lui ci ha mostrato, allora credo che un vescovo che utilizza la sua parola come una spada tagliente non stia seguendo l’esempio di Gesù. Le parole, soprattutto quelle di un vescovo, sono un’arma molto potente. Possono dare vita o anche morte.
Dire ad una persona gay o lesbica che “sarà dannato per sempre”, secondo me è consegnare la morte. Vi cito un episodio personale. Sono nato, cresciuto, e anche felicemente, in parrocchia. A 14 anni, mentre stavo cominciando ad acquistare consapevolezza della mia omosessualità ed ero alla ricerca di risposte, al corso post-cresima sentii dire da una compagna che “l’omosessualità grida vendetta al cospetto divino. Gli omosessuali sono condannati all’inferno perché è impossibile, a meno di non avere una vocazione, reprimere il desiderio sessuale e pertanto commetteranno sicuramente un peccato che li precipiterà nella dannazione”. Erano gli anni ’80 e, magari, eravamo tutti un po’ più indietro. Però io ho avuto gli incubi per una settimana. Non riuscivo a dormire, mi sentivo senza speranza. Pensavo di essere condannato da Dio ad un destino infame. Nessuno, quel pomeriggio, ha contraddetto la ragazza, neanche il vice-parroco che teneva il corso. Il risultato è che io ho iniziato un percorso a senso unico di introiezione di un’immagine di Dio Giudice e ho impiegato molti anni a liberarmene.
Se una persona viene chiamata dalla comunità ad esserne Pastore, e parlo di chi diventa vescovo, deve tenere bene a mente di operare per il bene di ogni singola pecora, non solo di quelle preferite o ritenute di un “bianco giusto”… Mi stupisco sempre di come ci si scordi facilmente delle parole del Vangelo. Gesù parla di un pastore che non si da pace finché non ha ritrovato la “pecora smarrita”… I vescovi che bollano gli omosessuali come “dannati” si rifanno alla visione del Pastore, così come ce l’ha insegnata Gesù, che ha cura delle sue pecore o stanno forse esercitando un’autorità che ha più a che fare con il predominio su chi consideriamo subordinato?

E' davvero possibile essere cristiani, cattolici e omosessuali senza nascondersi o reprimere la propria sessualità e affettività e rinunciando a rivendicare i propri diritti civili, come dice esplicitamente il magistero della Chiesa? Ovvero: per il cattolico non c'é l'obbligo di adeguarsi, di obbedire ai pastori?

Credo che l’esperienza di molti di noi possa spingermi a dire che, tentare di reprimere i propri desideri e le proprie aspettative di una vita affettiva piena, in mancanza di una seria vocazione alla vita religiosa, porti la persona omosessuale o transessuale alla distruzione fisica e psicologica.
Rinnegare la propria identità e le proprie pulsioni è un’operazione di castrazione violenta che non può non lasciare tracce.
Per quanto ci riguarda siamo testimonianza che aderire al messaggio di Amore di Cristo è compatibile con l’essere omosessuale o transessuale. Anzi, il nostro invito costante alle persone glbt è di non rinunciare alla loro Fede e alla loro spiritualità. Sono due fonti di energia importanti e privarsene non può essere solo un’operazione chirurgica derivante dal non sentirsi accolti…
Seguendo s. Paolo, mi viene da dire che c’è una stagione, quella dell’infanzia, in cui si ha bisogno di una guida, di qualcuno che ci dia un esempio, che ci stimoli. Per gli omosessuali cristiani credo sia giunta la stagione adulta, in cui bisogna dare il proprio contributo al cambiamento della chiesa popolo di Dio in cammino, senza aspettarsi necessariamente un riconoscimento o un’indicazione puntuale su cosa fare o non fare. Lo Spirito Santo agisce senza vincoli, senza precodifiche, senza limiti. Lasciamolo lavorare. Disponiamoci in attesa fiduciosa, aprendoci alla vita come sistema e rete di relazioni affettive, in cui il servizio, il dono, lo scambio siano alla base. Il resto verrà da sé. Se ci anestetizziamo, se ci imponiamo il letargo, se ci blocchiamo alla vita, tutto ciò che otteniamo è l’opposto della”vita”, sprofonderemo in una stagnazione che tutto è tranne che la vita piena che Gesù vuole che chiunque abbia.

Qual é il senso, la 'missione' di un gruppo di gay credenti nella società e in seno alla Ccar?

Per me significa soprattutto fare informazione e formazione sul tema “Fede e Omosessualità”, contribuire, con i nostri mezzi, affinché il dibattito interno alle chiese cristiane porti all’abbattimento delle barriere e dei pregiudizi e alla maturazione della consapevolezza dell’omosessualità e della transessualità come mere varianti nella caledoscopicità della condizione umana e come le persone omosessuali e transessuali siano soggetti ovviamente destinatari del diritto alla autodeterminazione e quindi alla possibilità di poter progettare una vita piena sotto ogni punto di vista.
Significa parlare di Cristo e di riportare il centro del dibattito sul suo messaggio di vero Amore e inclusione; dare un messaggio di speranza e di possibilità alle persone omosessuali e transessuali che sentano la necessità di coniugare la propria Fede e il proprio orientamento affettivo (o identità di genere).
Significa uscire dal silenzio e dall’ombra; far vedere all’Italia e all’Europa che le persone omosessuali e transessuali cristiane esistono, non solo a livello catacombale. Esistono con la bellezza delle loro vite, del loro lavoro, della loro ricerca. Esistono nella loro voglia di contribuire all’evoluzione della chiesa popolo di Dio in cammino.

I vostri incontri sono ospitati dalla Chiesa Valdese di Roma. Come cattolici, come vivete il 'confronto' con loro, che non vedono molta differenza tra l’amore omosessuale e quello eterosessuale? Qualcuno di voi ha mai pensato di passare dalla Chiesa cattolica a quella Valdese, per vivere più serenamente il suo rapporto con Dio?

Nel nostro gruppo siamo molto aperti al confronto con le altre chiese cristiane. Siamo, come ricordavi, da anni ospitati dalla chiesa valdese il cui sinodo, lo scorso anno, ha per la prima volta ufficializzato la possibilità per i pastori di dare benedizioni alle coppie omosessuali.
Esistono diversi gay e lesbiche cattolici che, per tentare di sentirsi realmente inclusi nella chiesa di riferimento e poter essere , sono passati ad altre chiese, inclusa la valdese.
C’è una strada personalizzata per ciascuno di noi, e quindi ogni percorso va bene se ci porta al recupero di Dio nella nostra vita come Padre misericordioso. Per quanto mi riguarda, e parlando personalmente, ho una visione piuttosto larga e inclusiva di chiesa e pertanto non sento il bisogno di passare dall’una all’altra. Semmai voglio rimanere nella chiesa che ho frequentato sin da bambino, e a cui riconosco tantissime virtù, soprattutto nella pastorale di base, per contribuire all’evoluzione e al cambiamento. Penso che, se ce ne andassimo tutti, questa chiesa cattolica non cambierà mai… Se non assumiamo la consapevolezza che ciascuno di noi possa essere “lievito”, credo che a questa chiesa non rimanga altro che rimanere identica a se stessa.

Secondo voi come è possibile che ci siano tante differenze sull'omosessualità tra le varie confessioni cristiane se fanno tutte riferimento ad un unico Dio e allo stesso testo sacro? E dal dialogo ecumenico tra le confessioni cristiane può venire qualcosa di buono per le persone glbt?

Le chiese, intese come comunità in cammino, sono organismi biologici, fatti di persone, sono entità dinamiche, in movimento… In alcune comunità si dà più spazio alla riflessione, al confronto, e questo favorisce il progredire, il muoversi a velocità probabilmente diverse.
Da poco, all’interno delle iniziative su Fede e Omosessualità che abbiamo realizzato nell’ambito dell’Euro Pride, abbiamo ascoltato le testimonianze di rappresentanti provenienti da diverse chiese europee e abbiamo capito nettamente come ci siano percorsi a diverse velocità. In ogni caso, è apparso come chiaro un concetto: il cambiamento sulla questione omosessuale può avvenire solo ed esclusivamente se promosso dagli omosessuali stessi all’interno delle chiese. Solamente con il nostro impegno, la nostra perseveranza e caparbia, potremo attuare un cambiamento che, in alcune chiese cristiane (pensiamo alla luterana norvegese o alla valdese in Italia), è già realtà. Nessuno può pensare realmente che il cambiamento arrivi senza sporcarsi le mani e senza gettarsi nella mischia. E non possiamo pensare neanche che il cambiamento potrà mai avvenire se noi stessi ce ne andiamo o se ci limitiamo solo a ritirarci in gruppi e realtà protette, clandestine, catacombali.
Bisogna partecipare, esserci, affermare la propria “cittadinanza” all’interno della chiesa, produrre contenuti, favorire il dibattito, insistendo anche laddove sembra inutile o impossibile.
Da questo, sono convinto, scaturirà un germe di rinnovamento, e credo verrà dal basso verso l’alto piuttosto che viceversa.

Come è andato l'incontro col Presidente della Camera Gianfranco Fini, cosa gli avete detto o chiesto, o cosa vi ha detto lui?

E’ stato un incontro istituzionale, con interventi predefiniti del Presidente Fini, del ministro Carfagna, dell’Onorevole Concia e di due rappresentanti delle associazioni glbt: Paolo Patané, presidente nazionale di Arcigay, e Enrico Oliari, presidente di Gaylib. Noi abbiamo ascoltato, un po’ sorpresi, parole estremamente consapevoli sul fatto che l’omofobia sia una piaga da eliminare, abbiamo ascoltato la promessa di impegno del Ministro Carfagna per l’approvazione del disegno di legge contro l’omofobia… Peccato che, pochi giorni dopo aver ascoltato queste parole, il disegno di legge sia stato bocciato, con delle pregiudiziali di incostituzionalità francamente ridicole… La politica ancora non riesce a scrollarsi del proprio pregiudizio sulla questione omosessuale e, quindi, produce delle aberrazioni, tipo l’approvare a maggioranza, la pregiudiziale di incostituzionalità del disegno di legge contro l’omofobia perché, trattando di “orientamento sessuale”, includerebbe anche la tutela di pedofilia, necrofilia e sadismo… E queste sono cose rimaste negli atti ufficiali della vita del maggior organo di esercizio della democrazia italiano… Una gran confusione, un voluto mischiare cose che non hanno niente a che fare l’una con l’altra (es. omosessualità e pedofilia), e temo con una precisa consapevolezza; non credo assolutamente (o per lo meno devo sperarlo con tutte le mie forze, altrimenti sprofonderei nel disagio) che i nostri parlamentari siano ancora così disinformati sulla questione da confondere un omosessuale (persona con un orientamento affettivo preciso) con un pedofilo (persona affetta da una grave patologia psicologica). Ma temo siamo ancora molto lontani da una presa in carico della politica delle nostre richieste di eguali diritti… e temo anche che, come movimento glbt, si riesca solo in parte a massimizzare il potenziale che abbiamo, perché ancora troppo frammentati e con poca capacità di sintesi.

Al netto della prevedibile chiusura dei partiti e dei singoli politici più ostili alle persone glbt (che spesso sono quelli più "vicini" alla Chiesa Cattolica), cosa vi aspettate dalla politica per quanto riguarda i diritti delle persone glbt? Ad esempio, quali sono le vostre posizioni sul matrimonio gay, le adozioni per le coppie omosessuali e sulla legge contro l'omofobia?

Da cittadini supportiamo tutte le richieste del movimento glbt. Pensiamo che ogni persona abbia diritto a poter pensare la propria vita in maniera piena, inclusa la possibilità, se lo voglia, di avere un rapporto affettivo stabile e riconosciuto dalla società, o di valutare se nella propria vita di coppia ci sia spazio per un’altra vita di cui prendersi cura. Il problema più importante, ancora presente nella nostra società, è che una persona omosessuale spesso, inconsciamente e socialmente, è spinto a pensare alla propria vita al ribasso, come una vita limitata per definizione. Una vita in cui dovrà nascondere o castrare parte del proprio potenziale. E’ difficile capire questo disagio se non lo si prova. E’ come guardarsi allo specchio e non vedere pezzi di sé, è come pensarsi e considerarsi a metà… Questo fenomeno è talmente diffuso che neanche gli omosessuali spesso riescono a diagnosticarselo e pensano sia normale vivere una vita limitata, una vita a metà…

Avete la sensazione -"dall'interno" della chiesa- che qualcosa possa cambiare in merito all'atteggiamento di chiusura delle gerarchie ecclesiastiche -e di parte della "base"- verso le persone glbt?

Dobbiamo crederci. Il senso del nostro lavoro è proprio questo. Buttarci dentro alla chiesa, proporre stimoli nuovi, senza aggredire, ma nella fermezza di chi ha il coraggio di condividere la propria vita, la propria realtà.
Se siamo cristiani, dobbiamo anche imparare ad affidarci… Seminare sì, e anche molto, ma poi affidarci a Dio, allo Spirito.
Dal basso di segnali ne vediamo, e anche molti. Siamo consci che c’è bisogni di uno sforzo sovrumano per modificare un sottofondo antropologico e culturale che ha sempre stigmatizzato l’omosessualità, e questo in maniera enfatizzata negli ambiti cattolici fondamentalisti.
Credo che la questione omosessuale prima o poi sarà affrontata e risolta dalla chiesa cattolica. E con risolta non intendo ovviamente il paradosso che attualmente è generato dal catechismo della Chiesa Cattolica, in cui si parla di “accoglienza” ma rimanendo “fermi” nel non concedere la speranza e bollando le nostre vite con parole come “disordine intrinseco”. Intendo che prima o poi, ne sono veramente sicuro, ci sarà una riflessione profonda e schietta che porterà all’accoglienza e all’inclusione piena. Ma questo avverrà solo se saremo in primis noi a seminare e a promuovere dibattito e poi se lasceremo tutti soffiare lo Spirito.

In oltre vent'anni di vita associativa, tramite il vostro gruppo cosa avete imparato sul vostro essere credenti e omosessuali?

Che ci sono diverse stagioni nella vita di credenti e omosessuali. All’inizio c’è bisogno di sentirsi accolti, di sapere che, intorno a sé, non c’è solo emarginazione, rifiuto, esclusione. Per questo i nostri gruppi hanno tra gli obiettivi principali quello dell’accoglienza. Noi di Nuova Proposta ci definiamo una “locanda”, dove le persone possano ristorarsi, a lungo o anche solo per un giorno, dalle fatiche più o meno intense del loro cammini di gay e credenti.
Poi c’è la stagione della consapevolezza e del recupero fecondo di Dio come Padre misericordioso, operazione più difficile di quello che possa sembrare. Si riesce a smussare quella omofobia interiorizzata che spesso porta gli omosessuali a detestarsi e a pensare che anche Dio non li ami.
Quindi c’è la stagione dell’impegno, del dare… In cui si è talmente pieni di vita, da sentire di poter essere agenti di vita per gli altri e di cambiamento e proposizione per la comunità intera della chiesa… e allora comincia la vera fase feconda della propria vita, in cui si comincia a vivere, ad agire senza auto castrarsi, a lasciare fluire lo Spirito dentro di noi e a sgorgare vita come prima non avevamo mai pensato di poter fare.


Intervista pubblicata in anteprima qui.

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