lunedì 23 maggio 2011

Il rigor mortis del Partito Democratico



Non molti, tra quelli che in queste ore scrivono del “terremoto” politico del primo turno delle amministrative, hanno sottolineato adeguatamente la fortuna immeritata che ha avuto il Partito democratico. A Napoli e soprattutto a Milano, la piazza più importante, hanno ottenuto risultati lusinghieri – per quanto provvisori e in attesa di conferma – due candidati che hanno poco a che fare col partito di Bersani. Giuliano Pisapia non ha certo un passato di militanza nel Pd, è venuto fuori dalle primarie (quindi, necessariamente votato anche da tanti elettori del Pd) ed è soprattutto il candidato di Nichi Vendola, mentre a Napoli il candidato ufficiale del Partito democratico è stato addirittura stracciato da quello dell’Italia dei valori, Luigi De Magistris, dopo la spaccatura tra i due alleati nonché partiti maggiori del centrosinistra (Sel escluso). Bersani e soci ora saranno costretti loro malgrado a sostenere l’ex magistrato.




Dunque, in entrambi i casi si tratta di regali piovuti dal cielo, risultati importanti quanto non meritati, perché questi candidati non sono stati scelti (a Napoli proprio osteggiati) dai dirigenti piddini, piuttosto subiti. Certo, in fondo – per ora – è andata meglio che alle regionali nel Lazio del 2010, quando con ogni probabilità un sostegno più aperto e convinto a Emma Bonino (atro candidato subito dal Pd) avrebbe portato alla vittoria della coalizione e a un governo della regione meno ideologico e clericale di quello della Polverini.

Persino un partito senza bussola come quello di Bersani potrebbe approfittare del momento indubbiamente favorevole, serrare le file, scegliere una direzione precisa – una – ed elaborare un progetto che la faccia finita con la disgraziata epoca del «ma anche» che è costata la disfatta tre anni fa e conseguire un successo ben più ampio e definitivo, visto che dall’altra parte ora c’é solo un manipolo di maggiordomi e camerieri, in parte delusi, di un capo che oramai si esprime come un beone all’osteria. Invece si continua ad aspettare la manna dal cielo (come le assenze dei “responsabili” che in parlamento stanno determinando varie sconfitte del governo) e a vivere alla giornata. E i regali al fortunello Bersani e soci probabilmente non sono ancora finiti, visto che a Milano il candidato del movimento Cinquestelle Mattia Calise ha già accennato alla possibilità che tra i suoi elettori molti facciano convergere i loro voti su Pisapia.

Il segretario del Pd, dunque, ha poco da ridere delle presunte disgrazie della destra, le cui vicende continuano ad essere la vera guida dell’opposizione, visto che il successo a Torino (dovuto soprattutto a Chiamparino) e quello di misura a Bologna pare non gli eviteranno la “resa dei conti” minacciata – con impareggiabile tempismo autolesionista – ancor prima delle elezioni dalla minoranza veltroniana nel partito.

Insomma, pare decisamente fuori luogo l’aria celebrativa di chi sostiene che il Pd (Partito defunto) sia fuori dal tunnel dell’immobilismo, dell’assenza di progetti politici e della faida tra correnti: se è motivata la spavalderia della dirigenza in queste ore lo dimostrerà chiaramente non solo l’esito dei ballottaggi, ma anche la tenuta – se ci sarà – sul tema che ci è più caro, quello della laicità, ad esempio alla prova del voto sul ddl Calabrò sul fine-vita. Lì si vedrà se il PD è resuscitato o se è solo in preda agli ultimi spasmi del rigor mortis.

Già pubblicato qui.


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