martedì 21 dicembre 2010

Il paradosso di Fermi e quello di dio



Nel 1950 durante un pranzo a Los Alamos con alcuni colleghi di università, il fisico di fama mondiale Enrico Fermi formulò una domanda: "Se l'universo brulica di alieni, dove sono tutti quanti?", rilanciando una questione ben più antica in quello che da allora fu universalmente conosciuto come il Paradosso di Fermi. La domanda è ovviamente ancora attuale: perché non troviamo alcuna traccia dell'esistenza di civiltà aliene nell'universo conosciuto, o almeno nella Galassia? Le risposte possibili sono centinaia, tutte riconducibili a due filoni primari: il primo è quello 'possibilista', che spiega la mancanza di prove dell'esistenza di civiltà extraterrestri in vari modi, dalle distanze cosmiche così inconcepibilmente grandi da rendere impossibile qualsiasi dialogo e ancora prima la probabilità di captare segnali in un tempo utile, alla possibilità che detti segnali stiano giungendo ma noi non sappiamo come e dove cercarli, dalla eventualità che che civiltà aliene pur esistendo abbiano un grado di progresso tecnologico molto diverso dal nostro (superiore o inferiore) alla eventualità che dette civiltà non siano affatto interessate a entrare in contatto con altre civiltà. Il secondo filone di risposte possibili, si riduce in realtà ad una sola: non esistono, per questo non abbiamo alcun riscontro.

All'epoca nella quale il famoso fisico italiano rilanciò la domanda sull'esistenza di altre forme di vita, i presunti avvistamenti di Ufo (Unidentified Flying Object) erano all'apice; inoltre, la letteratura di fantascienza ha fornito migliaia di 'dimostrazioni' e racconti di civiltà aliene, a cominciare dal racconto del 1951 La sentinella di Arthur Clarke, dal quale è stato tratto il soggetto originale del cult movie 2001 Odissea nello spazio; ma tornando alla scienza, fu clamorosa l'ammissione del capo degli astronomi vaticani, il gesuita argentino José Gabriele Funes, riportata dalle agenzie un paio di anni fa circa la possibilità che forme di vita extraterrestri possano esistere. In effetti, è interessante notare come il paradosso di Fermi può essere preso in blocco e traslato interamente nel campo della speculazione filosofica e religiosa, avendo cura di cambiare l'oggetto originale in uno nuovo: al posto della dimostrazione dell'esistenza di civiltà aliene nel cosmo dovremo mettere la ricerca delle prove dell'esistenza di una 'entità superiore' e creatrice: potremmo chiamarlo il Paradosso di dio, ma avremmo probabilmente ancora due filoni di risposte di eguale tenore, soprattutto il secondo.

Per chi osserva il fenomeno religioso da lontano, da una prudente distanza di sicurezza tipica degli atei e degli agnostici, potrebbe essere una sisntesi interessante -se fosse ragionevole, cosa che non è, e se non puzzasse da lontano di settarismo- la 'risposta' data all'uno e all'altro paradosso dalla religione dei raeliani: nato negli anni '70, il movimento raeliano sostiene che la vita sulla Terra, incluso il genere umano, sia stata 'creata' tramite ingenieria genetica e procedimenti di terraforming da una razza aliena avanzatissima che attualmente è in attesa che noi accettiamo questa realtà e decidiamo di aprirci e ricongiungerci a loro. Chi si trovasse a storcere il naso, prima consideri che questa 'religione' pur attingendo a piene mani dalle religioni antiche (il nome del popolo alieno è Elohim, e dall'Antico Testamento - e altri testi sacri- vengono presi anche i 'profeti' che noi conosciamo), è priva delle rigidità dogmatiche di queste ultime riguardo ad alcuni temi sensibili come ad esempio l'omosessualità; ma è vero che si produce pur sempre in altri tipi di discriminazione, come l'auspicio di una nuova geniocrazia che escluda gli individui intellettualmente meno dotati. In ogni caso, chissà cosa ne penserebbe Enrico Fermi.


Già pubblicato qui.

Nessun commento: