martedì 21 settembre 2010

Se fossimo tutti atei (anche gli atei)



Nel suo blog su La Repubblica, Piergiorgio Odifreddi sottolinea quella che non è una affermazione inedita (infatti cita a proposito Josè Saramago) ma che non è nemmeno una semplice ovvietà: nulla in questo mondo all'incontrario, dove la laicità e il clericalismo sono stati messi l'una nella scatola dell'altro, è mai troppo scontato. L'affermazione in questione è: se fossimo tutti atei questo mondo sarebbe meno violento; o comunque -sottinteso- un mondo migliore.

Ora, il noto matematico si riferisce nello specifico all'assurda, ennesima mini guerra di religione che si è scatenata dopo la trovata idiota di quel fanatico cristiano che voleva bruciare il corano l'undici settembre; ma uscendo dalla stretta attualità e osservando il problema da più lontano, da una prospettiva direi filosofica, è utile precisare una cosa: l'ateismo (ammesso che se ne possa parlare al singolare e non piuttosto al plurale, visto che di fatto ci sono tanti ateismi quanti sono gli atei) non è solo quello di chi non ha una religione e non crede in alcunché di trascendente.
Quello che molti benpensanti cattolici -e credenti in generale- instancabilmente rinfacciano agli atei dichiarati è che questi sostituirebbero gli dèi dei credenti con qualche altra divinità, che sia l'astrologia, l'idolatria consumistica e modaiola, lo scientismo acritico, il conformismo, il fideismo politico (vedi il comunismo di tipo sovietico o anche il berlusconismo odierno), persino l'ateismo stesso elevato a dottrina dogmatica.

In ultima analisi, in questa critica probabilmente costoro non han sempre tutti i torti, per questo molti di quelli che si dichiarano atei ma cadono nel tranello dello scambio di feticci dovrebbero rivedere la loro definizione di ateismo. All'uopo potremmo dire che: l'ateo è colui che non aderisce ad alcuna ideologia preconfezionata, religiosa o no, ma è anche è colui che non si accontenta del racconto della storia e della vita che viene dai canali precostituiti rinunciando a indagare e capire in prima persona come va il mondo, è colui che si pone le domande essenziali ma non si abbandona alle risposte più facili senza prima verificarne il contenuto con distacco, è colui che sa che "tutto è relativo", per dirla con Albert Einstein; in una parola, l'ateo è un uomo libero nella mente e nella sua visione del mondo e dei rapporti sociali, ed è consapevole della propria libertà.

Bisognerebbe avere questo tipo di consapevolezza (al quale si giunge non senza impegno e costanza, in una cultura dominata dal cattolicesimo) per poter parare senza sforzo le stereotipate critiche e la valanga di luoghi comuni (a quanti atei nel confronto con un credente è stato rinfacciato che siccome sono contro la Chiesa e la religione allora sicuramente sono stalinisti?) che inseguono l'ateo dappertutto.
E che puntualmente ora piovono sopra il povero Odifreddi, che ha osato affermare: "... tipico delle religioni, e specialmente dei monoteismi ... chi ritiene di possedere la verità assoluta, non combatte solo il relativismo: si arroga anche il diritto di andare a dire agli altri ciò che non vorrebbe che gli altri venissero a dire a lui. In fondo, il problema della violenza religiosa sta tutto qui."
Ovvio, ma non scontato.

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