martedì 21 febbraio 2012

I Soliti Isterici



Così come il coraggio, l’ironia chi non ce l’ha non se la può dare; ma almeno potrebbe tacere e riflettere, se non altro per risparmiarsi delle figuracce. Si sa, l’ironia richiede l’uso dell’intelligenza per essere apprezzata.

La parodia sui gay de I Soliti Idioti al festival di Sanremo ha messo in luce proprio l’assenza di ironia (autoironia, nello specifico, ovvero accettare l'ironia altrui senza mostrare la coda di paglia) che è uno dei problemi che caratterizza fin troppo spesso il variegato mondo dell’associazionismo glbt italiano. Le maschere grottesche della coppia omosessuale Fabio & Fabio, già portate sul piccolo schermo, per MTV, da Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, forse non costituiranno la pagina più brillante della satira di costume televisiva nel nostro paese (è questione di opinioni), tuttavia, anche e soprattutto alla luce delle polemiche sguaiate dei giorni scorsi, hanno un merito indiscutibile: nel tratteggiare la macchietta del gay isterico e arrogante hanno colto nel segno.

Il Fabio di Biggio pur non essendo in stato interessante pretende di essere trattato come una partoriente, impone inutilmente il tema dell’omosessualità nelle circostanze più assurde, ed è sempre pronto a tacciare implicitamente di omofobia chiunque non assecondi alla lettera le sue pretese; è ridicolo, questo è ciò risulta, ma di gay così nella realtà ne esistono eccome, gente che vorrebbe – per esempio – persino il matrimonio in chiesa: perché invece non abbandonare finalmente i cattolici e andare coi valdesi, se proprio si vuole restare cristiani?

Sul palco dell’Ariston, Biggio e Mandelli (che in versione live rendono meno che nei corti mandati su MTV) hanno riproposto pressoché fedelmente i due personaggi, in un contesto che effettivamente era inadatto e di fronte a un conduttore (Gianni Morandi) ed un pubblico evidentemente impreparati ed inadeguati ad assecondarli. Sarebbe stato un mezzo fiasco, ma in loro soccorso ecco arrivare le associazioni e altri personaggi di spicco del mondo glbt, tutti in coro: offesi, risentiti, hanno sparato accuse di omofobia a casaccio, segnalando addirittura il caso all’UNAR e al ministero dell’Integrazione, e pretendendo delle scuse ufficiali dalla Rai (che piuttosto dovrebbe scusarsi per l’uso berlusconiano – questo sì senza traccia di ironia – del corpo femminile che continua a fare); hanno riproposto esattamente il personaggio di Biggio. Colpiti e affondati, dimostrano una volta di più la loro inadeguatezza.

Siamo seri, l’omofobia è un’altra cosa, è una tragedia di proporzioni planetarie, in Italia permea non tanto – o non solo – attori o conduttori televisivi di secondo piano, quanto le istituzioni civili ed ecclesiastiche, e l’accusa di omofobia non va utilizzata contro chiunque ci sta antipatico, con una reazione isterica che è solo un autogol e di certo non è d’aiuto per la causa dei diritti civili delle persone glbt.

Marrazzo, Lo Giudice, Grillini, Scalfarotto e compagnia cantando dovrebbero prendere esempio dagli ebrei: nostri compagni di sventura nell’attraversare il terribile 900 appena concluso hanno sviluppato un senso della satira feroce, dell’autoironia impareggiabile: leggere Shalom Auslander o anche il Woody Allen scrittore, per restare al secolo scorso, è illuminante. Ecco, a una larga fetta del mondo omosessuale manca quel tipo di autoironia; per dirla con Moni Ovadia manca il «riso auto-delatorio dell’umorismo ebraico» che parte «dall’assillo identitario e dall’immagine del nemico. [...] Innanzi tutto va detto che l’umorismo ebraico non si ferma davanti a nessuno, dunque neanche davanti al proprio Dio. L’ineffabile (secondo noi ebrei) o il terribile tetragono (secondo i non ebrei) Dio del monoteismo è un’entità che si presta alle storielle umoristiche. Per lungo tempo, ad esempio, il mondo cattolico si è identificato con il terribile Dio vetero-testamentario; ma il Dio vetero-testamentario è lo stesso Dio di Gesù… E già questo fa sorridere, perché mettiamoci d’accordo: o è buono o è cattivo. Ad ogni modo, anche Dio non viene risparmiato dall’umorismo ebraico».

Qui manca un Woody Allen gay, manca quella leggerezza consapevole che ha portato Luca Ragazzi e Gustav Hofer, nel finale del loro docufilm Improvvisamente l’inverno scorso a inscenare il loro matrimonio nell’epoca dei Di.Co prodiani davanti a un discount della catena Dico. Invece abbiamo una valanga di personaggi tutti presi (più o meno consapevolmente) a sfatare il mito del gay ironico e leggero pur nella sua oggettiva condizione di sofferenza, abbiamo presidenti e militanti di circoli e circoletti che finiscono con l’essere autoreferenziali, bloggers che criticano la parodia basata su luoghi comuni ma firmano i loro articoli con lo pseudonimo “desperate gay guy”. E’ tempo sprecato quello passato a pretendere ogni attenzione su se stessi anche senza alcun motivo, se le persone glbt vogliono essere trattate come cittadini "normali" bisogna che loro per primi smettano di autoghettizzarsi ed escano fuori dalla loro tendenza alla autocommiserazione. Le associazioni glbt devono presentarsi in maniera credibile quando vanno a chiedere alle istituzioni parità di diritti (non ai conduttori tv: ma che senso ha invitare Gianni Morandi al Gay Pride se non ci vuole andare?), non devono ottenere di essere più uguali di tutti gli altri. Forse è arrivato il momento per un ricambio generazionale ai vertici delle associazioni?

Di certo, oggi Oscar Wilde non avrebbe invitato il suo amato a partire per l’Italia, se avesse visto chi sono in Italia i difensori della causa.

Pubblicato ieri qui.

2 commenti:

Anna Spina ha detto...

Gentile Baoli, mi spiace ma non concordo con lei. certamente l'ironia è arma utilissima per sopravvivere ad una nazione fondamentalmente ferma agli anni '40 un paese fascista, razzista, islamofobo e antisemita, personalmente alcuni sketch dei due comici mi fanno sorridere [fantastico quello in cui rubano un fantolino], però potrò ridere a cuor contento dei tic lesbo-gay-trans solo quando le coppie omosessuali non saranno coppie di serie z prive di diritti; quando si è preoccupati di morire e di non poter garantire al compagn* di una vita una casa o una pensione , quando si teme che il compagn* non possa prestarti assistenza in ospedale, è difficile essere sempre leggeri ed ironici, Manahattam, purtroppo è lontana.

Alessandro Baoli ha detto...

Mai detto che la situazione in Italia sia rosea, basterebbe leggere quello che ho scritto negli ultimi anni.
Tuttavia ribadisco che a mio modo di vedere l'omofobia è un'altra cosa; e la sofferenza di molti gay nella società non è ascrivibile a cinque minuti di sketch televisivo, che peraltro vanno in onda da anni su altra rete, chi sostiene questo esagera a dir poco. Tutta quella rabbia era degna di miglior causa.
Inoltre, mi faccia dire che proprio quelle associazioni che si sono lamentate, nei giorni scorsi, hanno la loro parte di responsabilità in questo stato di cose, e il discorso prima o poi andrà affrontato.
Dopodiché, ogni opinione è lecita.