martedì 9 novembre 2010

La vera omofobia e il quarto potere



“Berlusconi attacca i gay”, “Berlusconi insulta i gay”. Questi i titoli catastrofisti di alcuni dei maggiori quotidiani in edicola nei giorni scorsi a proposito della battuta idiota – peraltro perfettamente coerente con la sostanza del personaggio – che il presidente del Consiglio ha pronunciato alla Fiera di Milano, tentando di giustificare i suoi affari privati con certe donne e dimostrando invece, una volta di più, che l’uomo, quando si esprime a ruota libera seguendo la propria indole, è più degno di un’osteria di infima categoria che dei palazzi del potere.

Se la battuta è in sé così stupida e fuori di luogo da non meritare – a dispetto dell’indignazione generale – alcun commento, due sono invece gli aspetti a margine della questione che vanno sottolineati. Il primo riguarda il fatto che alcuni giornali, commentando l’ennesima gaffe berlusconiana (che sia strategia mediatica o meno cambia poco) hanno parlato di “machismo” e addirittura di omofobia: non scherziamo, l’omofobia è un’altra cosa, e ha poco a che fare col maschilismo; l’omofobia è discriminazione basata su una speculazione ideologica che affonda le sue radici nell’antica propaganda cattolica, della quale la società italiana è talmente impregnata che ai più non pare nemmeno che esista alcun atteggiamento di disprezzo verso le persone omosessuali, ma piuttosto la giusta denuncia di una condizione “naturalmente innaturale” (ci si passi il gioco di parole) dell’omosessualità.

L’indice di tutto questo è dato anche dal corollario di dichiarazioni paradossali e oltremodo tristi di coloro che hanno l’ingrato compito di difendere il capo sempre e comunque – un vero lavoro! – o dei semplici compagni di partito. Si prenda ad esempio l’on. Santanchè, secondo la quale Berlusconi ha ragione perché «ogni famiglia sogna un figlio eterosessuale», o anche dichiarazioni ufficiali precedenti alla battutaccia berlusconiana, come quella del filosofo (?) Rocco Buttiglione, che afferma che essere gay sia ingiusto come non pagare le tasse. Degni compari d’osteria del premier.

Il secondo aspetto da sottolineare riguarda invece i mass media, che evidentemente ritengono le persone omosessuali degne della prima pagina solo se c'é di mezzo Berlusconi. Eppure dichiarazioni omofobe tremendamente più serie e perfide arrivano tutti i giorni da Oltretevere, rimbalzando di qua del fiume fin dentro al Palazzo, dal quale escono amplificate. È dunque legittimo chiedersi cosa sia peggio: fare una battuta da terza elementare sui gay o sostenere con pervicacia che le persone omosessuali sono una minaccia per la famiglia e per la società tutta?

Teorizzare un razzismo vero e proprio ai danni di una minoranza, millantando che questa costituisca un pericolo per la maggioranza, è stato per secoli il sistema più efficace per giustificare alcune delle più grandi tragedie dell’umanità; eppure queste dichiarazioni folli non finiscono mai in prima pagina con la stessa enfasi di questi giorni, come se ci fosse nelle redazioni dei giornali una sorta di malefica assuefazione (o addirittura disinteresse: meglio lo scandalismo, rende di più) alla propaganda religiosa, con la conseguenza che noi ci comportiamo come se fossimo stati tutti cloroformizzati e lobotomizzati, privati della capacità di indignarci e suonare l’allarme quando ce ne è bisogno.

Ecco perché in tutto questo, una parte non piccola di responsabilità è da attribuire proprio ai media; assorbito da un sensazionalismo politico a buon mercato e di sicuro successo, il grosso dei media ha rinunciato al suo ruolo di sentinella della democrazia, di contrappeso ai poteri forti, di generatore di dibattito informato e di coscienze libere. I media, al contrario, sono proni al potere anche quando affermano orgogliosamente di essergli avverso. La qualità di una democrazia si misura anche dalla condizione delle minoranze e dal grado di libertà e di coscienza dei media. Per questo, a di là delle triviali uscite del peggior presidente del Consiglio della storia, se possiamo affermare a ragione che questa democrazia è malata, sta a noi reagire: anche con i media.


Già pubblicato qui.

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