giovedì 20 settembre 2012

XX settembre: e se provassimo a unirci?



XX settembre: ne abbiamo viste tante in questa data che dovrebbe essere restituita ai cittadini come festa nazionale; se non altro perché compie la definitiva unità d'Italia restituendole la sua Capitale, dopo il trasferimento di questa da Firenze, ultimato nel 1871. Salvo gli 'aggiustamenti' che furono conseguenza dell'ultimo dopoguerra, la fisionomia del Paese da quel momento non cambierà più. Spiace per Giorgio Napolitano e per quei pochi nazionalisti e patrioti rimasti, ma le celebrazioni dell'anno scorso per il 150° dell'unità d'Italia sono stati uno spreco di risorse pubbliche e nulla di più: il vero 150° cadrà il 20 settembre del 2020.

Il XX settembre è il nostro independence day, il primo (l'altro è il 25 aprile, data pure quella invisa a una larga fetta di potere politico), la liberazione dalla teocrazia vaticana. Che era - ricordiamolo - unadittatura in piena regola. E' dunque una data importante, e andrebbe degnamente celebrata. Invece in questi anni ne è stato svilito il significato: commemorazioni dei poveri zuavi pontifici vittime dei bersaglieri, prototipi degli odierni laicisti brutti sporchi e cattivi; santificazioni dell'assurdo, con il conio del concetto di 'laicità positiva'; genuflessioni eccellenti (dal Quirinale in giù) al ritrovato potere temporale della Chiesa, grazie al virus del clericalismo 2.0 , quello che rammollisce le ossa lombo-sacrali degli amministratori pubblici, che si ritrovano compulsivamente a inchinarsi ai gerarchi vaticani in nome del 'rispetto delle posizioni di tutti'. Incluso chi ha torto ma fa finta di niente.

Ne abbiamo viste di tutti i colori, e altrettante abbiamo tentato di denunciarne all'opinione pubblica. Ne manca una, in realtà, da denunciare, ed è scomoda e dolorosa: la frammentazione dei laici, problema antico, persino nel giorno che dovrebbe vederli marciare uniti nel nome dell'interesse comune, la piena, effettiva e non formale realizzazione della laicità dello Stato. E non il bombardamento della Città del Vaticano coi B-52, precisiamo casomai qualcuno da oltre Tevere dovesse leggerci.

Oggi, venti settembre 2012, sono previste diverse cerimonie di commemorazione della presa di Porta Pia: troppe. Sarebbe meglio, almeno per una volta, superare divisioni e narcisismi di partiti, associazioni e gruppi e unire le forze, fare numero e, con un segnale inequivocabile alla classe politica (e non al clero, del quale in fondo non ci importa nulla), materializzare lo scontento per il tradimento della Costituzione all'articolo 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Il successivo paragrafo andrebbe cassato del tutto.

Se dovessimo stabilire che un ipotetico calendario laico inizi col venti settembre, e che dunque oggi è il primo dell'anno, questo potrebbe essere il proposito per l'anno nuovo, il compito che tutti gli interessati alla soluzione del problema del tradimento della Costituzione devono svolgere nel nuovo anno: superare le divisioni, rinunciare ai personalismi, acquistare credibilità presso le istituzioni e i cittadini, conquistare gli indifferenti ai temi legati alla laicità, uscire dal piccolo circolo snob dei 'laicisti' e parlare a tutti in maniera chiara. Oltretutto il momento storico è propizio: la crisi economica rende particolarmente insopportabili i privilegi del Vaticano e della Chiesa cattolica, l'immenso scandalo della pedofilia clericale è ancora sepolto dall'omertà politica e sta cominciando solo adesso a venire a galla. Battere il ferro finché è caldo, insomma.

Ma se marciamo divisi, non andremo da nessuna parte; e realizzeremo definitivamente (i segnali ci sono tutti) quell'incubo per cui invece che entrare noi nelle mura leonine, sono loro che sono passati di qua attraverso quella Breccia. Parliamone.

Già pubblicato qui.

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