venerdì 2 marzo 2012

Lucia Annunziata e i gay: in mezz’ora si può



I lettori sapranno già com’é andata: durante la puntata di Servizio pubblico di Michele Santoro, giovedì scorso, nel difendere la libertà di espressione di Adriano Celentano al recente festival di Sanremo, la giornalista Lucia Annunziata ha usato una sorta di iperbole: «Difenderei Celentano anche se dicesse di mandare i gay nei campi di sterminio». Anche un bambino avrebbe capito subito il senso di questa affermazione, soprattutto perché è evidente che la giornalista conosce la storia e di certo non può essere tacciata di omofobia, non lei; ma la sua uscita, se non del tutto infelice, è stata quantomeno inopportuna per intempestività, visto che già pochi giorni prima il mondo glbt aveva trascinato al centro di un attacco senza precedenti (soprattutto per la coincidenza di contenuti e simultaneità dei comunicati, tanto da far pensare a una strategia concordata) I Soliti Idioti per la loro parodia della coppia omosessuale. Anche stavolta, dunque, immediata è stata la reazione delle associazioni e dei gruppi verso la Annunziata, colpevole di non ricordare che le persone glbt sono effettivamente finite nei lager, durante il secolo scorso. Ma stavolta un risultato è stato ottenuto: domenica prossima nel suo programma “In mezz’ora”, in onda alle 14,30 su Rai 3, saranno ospiti proprio le associazioni glbt, in una sorta di puntata riparatrice della sua incauta affermazione.

E qui, attenzione, potrebbero sorgere dei problemi: a tutt’oggi non si sa quali associazioni verranno invitate in studio (sul sito della trasmissione non se ne fa menzione) e quali interpellate eventualmente in collegamento; pare certa solo la presenza della deputata Pd Paola Concia. Per Lucia Annunziata la scelta non deve essere stata particolarmente agevole, vista la storica frammentazione e litigiosità delle associazioni medesime. Ad esempio, chi scegliere tra Arcigay e GayLib, visto che hanno posizioni non proprio simili su alcuni temi importanti (come le unioni civili o il matrimonio e le adozioni) e appartengono ad aree di riferimento politico opposte? E che fare col circolo Mario Mieli, col quale Arcigay in passato ha litigato sull’organizzazione del Gay Pride? E poi: solo Arcigay o anche Arcilesbica? E Arcitrans?

Per questo, oltre a parlare del cosiddetto Omocausto (e sarebbe pure ora che questo paese smetta di far finta che non sia successo), ci piacerebbe poterci prendere la libertà di suggerire a Lucia Annunziata delle domande da fare ai suoi ospiti, chiunque siano: vorremmo sapere ad esempio secondo loro quanto ha pesato sinora l’eccessiva frammentazione delle associazioni e dei gruppi glbt, quanto tempo è stato perso a rincorrere o fiancheggiare i partiti (di destra e di sinistra), e se hanno capito quanto infruttuosi sono stati i continui litigi per la visibilità o altri interessi. Cosa che finora ha fatto sembrare che le associazioni e i gruppi – a dispetto delle loro numerose e meritorie attività- siano molto più impegnati nello sgomitare per conquistare più visibilità dei gruppi concorrenti, o nell’organizzazione di puro e semplice intrattenimento (come le serate danzanti o le gay street) che nella lotta per i diritti civili.

O magari, se parliamo della più grande ed importante associazione italiana, l’Arcigay, nel favorire la crescita delle tessere con modalità non proprio convenzionali: ci piacerebbe sapere se le cose stanno ancora come riportato in una inchiesta pubblicata tra il 2008 e il 2009 dal portale Gay.it, e come gli avventori di alcuni locali notturni gay – dove per entrare è obbligatorio fare la tessera dell’associazione – sanno bene succede anche in tempi più recenti. Se ci fosse Paolo Patanè in studio, si potrebbe domandarglielo.

Insomma, una sorta di divide et impera auto inflitto, un marciare divisi per colpire… sempre divisi, atteggiamento poco intelligente che certo non ha contribuito al raggiungimento di risultati utili alla comunità glbt italiana. Le associazioni invece dovrebbero superare la fase del collateralismo e della dipendenza dalla politica, smettere di assorbirne tutti i difetti e trasformarsi in lobby pura e semplice, gruppo di pressione trasversale e apartitico, perché il superamento degli inutili posizionamenti ideologici, con i relativi steccati, e uno stop definitivo ai risentimenti reciproci, per convogliare tutte le energie disponibili in una lotta condivisa e univoca, porterebbe più risultati. Gradiremmo delle risposte domenica in tv, se possibile.

Già pubblicato qui.

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